Neet è un acronimo, Not in Education, Employment or Training ed indica quella fetta della popolazione, giovane, che non ha un’occupazione e che non sta studiando seguendo percorsi di formazione o di istruzione. In Italia il dato è spaventosamente alto: tra i 15 e i 34 anni, 3 milioni di giovani si troverebbero in questa condizione e rappresenterebbero il 25% della popolazione giovanile. L’Italia sarebbe dunque il Paese europeo maggiormente colpito.

Per quanto riguarda le cause, esse sono in primis da indagare nello skill mismatch, cioè nel divario esistente tra quello che si studia in Università e le competenze che effettivamente le aziende richiedono: anche in questo caso deteniamo un triste primato europeo e non è difficile immaginare come sia complesso tenere alta la motivazione e non rinunciare agli studi quando il percorso universitario, già di per sé impegnativo e tortuoso, ci ricorda quotidianamente quanto lontani siamo dall’obiettivo che vorremmo raggiungere.
Un titolo non corrisponde più ad un conseguente, coerente lavoro e ciò spaventa e disorienta. Anche la famiglia è di vitale importanza in questo panorama: spesso i giovani non si sentono sufficientemente guidati e supportati dai genitori nell’intraprendere le scelte corrette oppure per timore di sbagliare si chiudono a riccio e si affidano eccessivamente all’aiuto familiare, spesso inconsciamente.
Quali sono le conseguenze dell’essere un neet?
Quali sono le conseguenze di questo preoccupante fenomeno? Anzitutto la difficoltà a trovare un’occupazione stabile e la mancanza di un futuro adeguato reddito che impedisce di conseguenza di creare un’indipendenza economica indispensabile per vivere da soli senza l’aiuto dei genitori. Altre conseguenze riguardano la sfera psicologica: problematiche quali disturbi d’ansia e disturbi depressivi, oltre alle già citate problematiche sociali ed economiche.

Queste grosse difficoltà conducono i giovani, inoltre, ad evitare la peer pressure, la pressione del gruppo dei pari, portandoli ad isolarsi e ad evitare situazioni sociali da cui potrebbero scaturire confronti dolorosi. Questo è dovuto in larga misura ad una società altamente competitiva che non ammette errori, inclemente davanti alle fatiche e alle debolezze umane. Inoltre, le conseguenze sono anche sistemiche: sempre più giovani decidono di emigrare, scoraggiati da una situazione lavorativa non supportiva, prendiamo l’esempio della ristorazione, dove assistiamo ad una mancanza di forza lavoro, dal momento che molti individui si rifiutano di sottostare a condizioni di sfruttamento con salari troppo bassi in rapporto agli orari lavorativi.
Le soluzioni
Le soluzioni possibili sono tante ed è importante rifletterci su. Bisogna investire sull’orientamento pre-scolastico, scolastico e post-scolastico: l’orientamento al lavoro deve essere un percorso che si districhi durante tutto il percorso di vita, un diritto individuale fondamentale per il benessere individuale e collettivo. Sempre più spesso i coach che si occupano di lavoro sottolineano l’importanza di una formazione che non si fermi al mero inserimento lavorativo.

Fondamentale, in secondo luogo, ascoltare i giovani, i loro problemi, per poter ripartire dai loro bisogni e dalle loro esigenze. A questo proposito, potrebbe essere una buona idea inserire degli sportelli di ascolto virtuali ai quali sia possibile accedere gratuitamente in caso di difficoltà. Non è solo importante rendere il servizio gratuito in modo tale da renderlo accessibile a tutti, ma anche pubblicizzarlo il più possibile su diversi canali, di modo tale che tutti siano informati riguardo la sua esistenza.
La redazione di Univox ha molto a cuore questo tema, che si lega a quello degli hikikomori, e vuole ricordare a tutte le persone in difficoltà che ognuno ha i suoi tempi, che la vita non è una competizione, siamo persone, prima che produttori o ingranaggi sociali e che il nostro primario scopo di vita deve necessariamente essere perseguire una condizione di benessere e felicità. Il resto ha importanza secondaria, dobbiamo prima di tutto pensare a stare bene e rendere serene le persone che ci circondano.