Oggi la rubrica di De.sidera concede spazio ad un tema di vitale importanza nei tempi odierni: l’instancabile e necessaria lotta contro ogni forma di bullismo, che ad oggi risulta una delle forme di disagio giovanile più diffuse soprattutto in età adolescenziale.
Parlare di questi argomenti non è semplicemente una missione sociale che non deve vedere sosta: è una necessità, perché la violenza non sia più una consuetudine in questa società. Può sembrare quasi un’utopia, ma non dobbiamo arrenderci. Una cosa è certa: la sensibilizzazione e il racconto di testimonianze possono sempre fare la differenza.
Cos’è De.sidera?
Il desiderium (in italiano, “desiderio”) richiama due parole latine: de e sidera. La prima è una preposizione di allontanamento, distanza, mentre la seconda richiama evidentemente il mondo astrale. Il desiderio delinea propriamente la distanza dalle stelle: cos’è un desiderio se non proprio una speranza che si vuol raggiungere, volgendo lo sguardo verso il cielo?
Tale distanza richiama proprio quella percepita dal mondo giovanile nei confronti del quotidiano: un allontanamento ancestrale dal mondo che divide e allontana, che fa paura e che non sempre si riesce a comprendere. Noi, però, qualcosa la possiamo fare: prendere atto di tale disagio e intervenire nel nostro piccolo per salvare ciò che inferno non è.
Da qui l’esigenza di creare De.sidera, una rubrica settimanale volta al racconto diretto delle forme di disagio giovanile esistenti nel mondo ai tempi odierni. Oggi abbiamo scelto di parlare di bullismo, ma lo faremo in un modo speciale: al termine dell’articolo, troverete una lettera per noi volontari davvero molto speciale.
Cosa si intende per bullismo?
Il termine “bullismo” delinea una forma importante di disagio giovanile e deriva dall’inglese “bull”, in italiano “toro”, e dal verbo “to bully”, “intimidare”, “opprimere”. Il CDC (acronimo per “Centers for Disease Control and Prevention”), un importante organismo di controllo sulla sanità pubblica degli Stati Uniti d’America, ha dato la seguente definizione:
“qualsiasi comportamento aggressivo non desiderato da parte di un giovane o gruppo di giovani che non siano fratelli o amici, che coinvolgono uno squilibrio di potere percepito o osservato e che è ripetuto più volte o è probabile che venga ripetuto. L’atto di bullismo può causare un danno o uno stato di angoscia a un soggetto. Il danno può essere di tipo fisico, psicologico, sociale o educativo” (Gladden et al., 2014).
I principali aspetti che permettono di definire un episodio di violenza come bullismo sono:
- intenzionalità: gli atti aggressivi sono finalizzati ad arrecare un danno alla vittima;
- persistenza: gli atti dei bulli perdurano per settimane, mesi o anni; dunque, non è un singolo atto di violenza comparso durante un episodio di rabbia;
- asimmetria nella relazione: vi è uno squilibrio di potere tra chi compie l’azione e chi la subisce, la vittima non è in grado di difendersi e teme vendette o ritorsioni nel caso denunciasse gli episodi di bullismo.
In questo fenomeno si va oltre la dinamica della diade bullo-vittima: infatti, si possono individuare altri attori coinvolti, come gli aiutanti del bullo e gli spettatori che assistono alle vicende di violenza e che, con il loro comportamento, possono incentivarne o frenarne la messa in atto.
Le tipologie di bullismo
Il bullismo può assumere diverse forme in base al modo in cui viene esercitato il potere e alle conseguenze che causa alla vittima. Le principali tipologie sono:
- fisico
- verbale
- online
È importante notare che il bullismo possa assumere diverse forme anche combinate tra loro: ad esempio il bullismo verbale può essere supportato dal bullismo online, o il bullismo fisico può essere accompagnato da minacce verbali.
Il bullismo fisico implica l’uso della forza fisica per ferire o danneggiare la vittima; può includere colpi, spintoni, aggressioni e danneggiamento di cose o persone. Dunque, comprende azioni violente verso la vittima e verso suoi oggetti di proprietà quali:
- rubare oggetti di proprietà della vittima
- spingere e strattonare la vittima
- colpirla in modo più o meno violento
- distruggere intenzionalmente oggetti di proprietà della vittima
Il bullismo verbale si basa sull’uso delle parole per ferire o umiliare la vittima e può includere insulti, minacce, derisione, ostracismo, esclusione dal gruppo. Si tratta di una delle più comuni forme di questo fenomeno e comprende atti quali:
- sparlare di qualcuno diffondendo voci false sul suo conto
- urlare verso qualcuno o parlare con tono scortese
- prendere qualcuno in giro
- minacciare
- insultare
Infine, negli ultimi decenni, con il diffondersi delle tecnologie e degli strumenti informatici, si è sviluppata una diversa forma di bullismo, denominato cyberbullismo o bullismo online: esso identifica tutti quegli atti di violenza effettuati tramite i mezzi elettronici (e-mail, social, chat, blog o qualsiasi altra forma di comunicazione riconducibile al web).
Tale fenomeno è pericoloso tanto quanto le forme più “classiche”, se non di più: le tracce lasciate in rete difficilmente possono venire completamente rimosse e cancellate. Infatti, pubblicare ad esempio contenuti ingiuriosi o foto private non autorizzate perdura nel tempo anche a distanza di molti chilometri e di molti anni. Ciò fa sì che la vittima sia maggiormente esposta a umiliazioni e ingiurie nel corso del tempo.
Cyberbullismo: le peculiarità e la pericolosità rispetto al classico bullismo
Come spiegato dal ministero dell’Istruzione e del Merito, le differenze tra cyberbullismo e bullismo sono moltissime. Tra queste:
- Il primo vede coinvolte persone (ragazzi ed adulti) da tutto il mondo, mentre il secondo soprattutto studenti della medesima classe o Istituto;
- Il primo vede nella figura della vittima un individuo capace di divenire a sua volta un cyberbullo, mentre nel secondo generalmente solo chi ha un carattere forte e imponente tende a divenire un bullo;
- I cyberbulli possono essere anonimi e operare da profili “fake” – falsi, non autentici – sollecitando anche supporto da persone in modo più immediato, mentre i bulli sono persone specifiche e ben note, conosciute anche dalle vittima;
- Il materiale adoperato per il cyberbullismo può essere diffuso a pochi click in tutto il mondo, mentre gli atti di bullismo risultano circoscritti in un determinato ambiente;
- Le comunicazione di cyberbulli possono venire 24 ore su 24, mentre un classico bullo tende a violare la vittima nelle fasce orarie scolastiche;
- la vittima di cyberbullismo può non rivelare chiaramente le reazioni agli atti di un cyberbullo, che può sentirsi autorizzato a proseguire (se non a incrementare) il suo atto di violenza, mentre un bullo coglie sul momento gli effetti evidenti da parte della vittima.
La nostra lettera riguardo il bullismo
Riportiamo qui per la nostra la rubrica di De.sidera una lettera scritta non da uno, ma da tutti e tutte noi. Una lettera dinamica, che fluisce, che raccoglie pensieri ed emozioni contrastanti ma di egual valore. É una lettera dai giovani, ma anche per i giovani: desideriamo che essa possa essere un manifesto contro ogni forma di violenza sui pari.
Andare a scuola, ma anche all’università, non può essere ancora oggi una forma di disagio, di ansia, di pressione. Ricordo che quando andavo a lezione, in Aula A, il solito gruppetto di amiche derideva tre colleghi del mio corso perché tendevano a seguire e a partecipare alle lezioni attivamente. E niente, erano “nerd” per loro, sfigati. Si confonde ancora la voglia di imparare con la dimostrazione di essere falliti.
Ricordo solo che l’arrivo delle vacanze estive nel primo anno di liceo era il lieto fine del mio anno scolastico, ma non perché arrivava la stagione del mare e del relax: non dovevo più vedere quelle due arpie che mi guardavano come se dovessi vergognarmi di vivere.
Non ho mai vissuto bullismo in prima persona, ma mio fratello sì. Questo, sì, mi fa rabbia, e sapete perché? Io non lo sapevo. Tornava a casa con il sorriso sempre, copriva quella sofferenza con una maschera, ma ancora oggi non mi spiego come sia possibile. Io non me ne sono accorto. Non mi sono accorto dei suoi lividi sulle braccia e sulle cosce, delle matite spaccate nell’astuccio e dei quaderni bagnati “perché la borraccia perdeva”. Non me ne sono accorto, ma ora farei di tutto per poter tornare indietro e ricordargli quanto sia stato forte nel non cadere al loro gioco.
Non ho molte parole, ma solo tanto bianco. Non nero, bianco. É un colore che mi dà di nulla, di inesistenza. É così che mi sentivo quando mi scrivevano che ero una tr*** solo perché ballavo sui tacchi e mi piace il rossetto rosso.
Il bullismo mi ha portato a soffrire di un disturbo d’ansia, con diagnosi psichiatrica. Sono in cura farmacologica, ho 21 anni, ma posso dire solo ora di quanto sia bello poter dichiarare di esserne fuori. Essere fuori dalle percosse, dai calci, dai tremori alle dita e alle gambe, dai messaggi intimidatori. Esse fuori, da quell’inferno.
Dico solo che non passo dal cancello anteriore della scuola perché mi fa ancora oggi venire i brividi. E sono passati 11 anni.
Mi chiamo Serena (di nome sicuramente, ma non sempre di fatto) e amo scrivere, dipingere e prendermi cura dei fiori e dei miei piccoli cagnolini. Per me ogni voce ha un valore e merita di essere ascoltata: è da questo pensiero che ho creato e sto portando avanti con entusiasmo e passione la nostra APS UNIVOX ETS.