Una ricerca dell’Università di Bath, pubblicata su The Lancet nel 2021, ha evidenziato che il cambiamento climatico e le insufficienti risposte da parte dei governi possono provocare ansia e angoscia climatica, come l’eco ansia.
E in effetti basta parlare con i più giovani che ogni giorno cercano di lottare per il proprio futuro per constatare che questa ricerca non è poi così stupefacente. Viviamo in un’epoca in cui la classe politica ci dice di fare figli, ma poi non viene approvato un decreto per poter avere un salario minimo, e non si discute neanche abbastanza seriamente per quanto concerne il problema del riscaldamento globale, che in un’Italia con una delle sue regioni più grandi in fiamme, diventa più attuale e reale che mai.
«Io adoro la montagna. E quando vai sull’Adamello e sul Tonale e vedi i ghiacciai che si ritirano anno dopo anno ti fermi a pensare, poi studi la storia e vedi che sono cicli. Il ghiaccio non arretra perché Capezzone sgasa con la sua Golf turbo», ha affermato il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e delle Mobilità Sostenibili Matteo Salvini. «D’inverno fa freddo, d’estate fa caldo…», ha aggiunto a Cervia, durante la festa estiva della Lega. Con Salvini è d’accordo anche Giorgia Meloni, che parla di “maltempo difficile” e di “realtà climatica imprevedibile” per quanto concerne le tragedie metereologiche che hanno coinvolto la Sicilia e la Lombardia.
Lo stesso Presidente del Consiglio aveva affermato durante un comizio della campagna elettorale del partito spagnolo di estrema destra Vox che bisogna «mare il fanatismo ultra-ecologista» che porta la sinistra ad «attaccare il nostro modello economico e produttivo». E ancora, il ministro dell’Ambiente, Picchetto Fratin, ha detto in un’intervista con SkyTG24 che non c’è un consenso scientifico sul tema. Ed ecco perché i giovani finiscono per avere eco ansia, per non aver prospettive per il futuro, per non riuscire a pensare di avere dei figli…
Dall’intervista a 10.000 giovani di età compresa tra i 16 e i 25 anni provenienti da dieci Paesi differenti, è emerso che il 59% di loro è molto o estremamente preoccupato riguardo al cambiamento climatico, e oltre la metà si sente triste, ansioso, arrabbiato, impotente e colpevole a causa di questa problematica. Oltre il 45% degli intervistati ha riferito che i loro sentimenti riguardo al cambiamento climatico hanno avuto un impatto negativo sulla loro vita quotidiana, e molti hanno riportato di avere numerosi pensieri negativi a causa delle loro preoccupazioni ambientali.
Il cambiamento climatico non influenza solo le nostre preoccupazioni, ma ha anche un impatto diretto sulla nostra salute mentale. Le elevate temperature e i repentini cambiamenti climatici possono influire sulla funzione cerebrale, compromettendo il sonno e il corretto funzionamento dei neurotrasmettitori e degli ormoni vitali, come la serotonina, uno dei principali regolatori dell’umore e del controllo dell’aggressività, come sottolineato da Josh Wortzel, uno studioso del legame tra cambiamento climatico e salute mentale presso la Brown University.
Ma come possiamo affrontare l’eco ansia? Possiamo agire a livello individuale compiendo azioni concrete nel nostro quotidiano, ma è importante essere consapevoli che per ispirare un cambiamento su larga scala, dobbiamo essere pazienti e determinati. Ogni piccolo gesto conta, e con impegno e perseveranza possiamo contribuire a un futuro più sostenibile per tutti. Noi di Univox abbiamo interrogato due psicologhe del nostro team, la dott.ssa Gioia Iannitti e la dott.ssa Miriam Murolo, per comprendere meglio questo fenomeno e come influenza la prospettiva di vita dei giovani e non solo.
Eco ansia: comprendiamo il fenomeno
Ascoltare la domanda di Giorgia Vasaperna al ministro dell’Ambiente mi ha fatto venire i brividi. In un’epoca in cui sentiamo sempre più parlare di cambiamento climatico, sentiamo sempre più spesso parlare anche di eco ansia. Chiedo quindi a voi: cos’è l’eco ansia?
Dott.ssa Gioia Iannitti: «In letteratura scientifica, “eco-ansia” viene definita come “la sensazione generalizzata che le basi ecologiche dell’esistenza siano in procinto di crollare” (Albrecht, 2019). La definizione, quindi, rimanda ad uno stato di preoccupazione generale, paura o ansia. Nonostante alcuni studiosi sottolineano che l’eco-ansia non sia ancora considerata come un riconosciuto disturbo d’ansia, ma piuttosto una reazione comprensibile alla gravità della crisi ecologica, evidenti sono i casi in cui l’eco-ansia è così forte che risulta necessario un supporto per la salute mentale (Doherty, 2016; Manning e Clayton, 2018; Pihkala, 2019).
Ad oggi, l’eco-ansia non è considerata una condizione medica ma, l’APA (American Psychological Association) l’ha definita una “paura cronica del destino ambientale” (Clayton et al. 2017)».
Quali sono le conseguenze dell’eco ansia?
Dott.ssa Miriam Murolo: L’eco ansia presenta sintomi simili ad altre forme d’ansia. Inoltre, ostacola il funzionamento della vita quotidiana: ha impatto sulla capacità di andare a lavoro e sulla socializzazione (Alexandre Heeren, Camille Mouguiama-Daouda e Alba Contreras, 2022). La fascia d’età più colpita sembra essere quella degli adolescenti e dei giovani adulti, che sono sempre più preoccupati e funzionalmente oppressi dal cambiamento climatico, a causa della percezione che il loro futuro sia condannato e del sentimento di tradimento e abbandono da parte di adulti e governi che non riescono a reagire in modo appropriato (Hickman et al. 2021).
In particolare, l’eco ansia può avere due effetti diversi sulle persone:
- Si è visto come coloro che hanno riferito di essere ansiosi per il clima si sono dichiarati più motivate a cambiare il proprio comportamento rispetto a quelle che non lo sono e a mettere in atto comportamenti pro-ambientali (PEB) (American Psychological Association 2020; Reser et al. 2012; Verplanken et al. 2020; Alexandre Heeren, Camille Mouguiama-Daouda e Alba Contreras, 2022). Questo è in linea con la natura adattativa dell’ansia come emozione, e cioè orientata al futuro e caratterizzata dall’anticipazione di un possibile pericolo (Öhman 1996). L’ansia può quindi favorire la tendenza a mettere in atto risposte comportamentali volte a evitare il verificarsi della minaccia prevista.
- In altri casi, però, quando l’ecoansia è percepita in maniera forte potrebbe inibire le persone dall’intraprendere azioni comportamentali reali e indurre la cosiddetta “eco-paralisi” (Albrecht 2011). L’eco-paralisi è uno stato passivo di stasi comportamentale, caratterizzato da depressione, ansia eccessiva, disperazione e apatia (Jo Longman, Academic Editor, Rebecca Patrick, Academic Editor, and Fiona Charlson, Academic Editor, 2023).
Secondo alcuni autori(Jo Longman, Academic Editor, Rebecca Patrick, Academic Editor, and Fiona Charlson, Academic Editor, 2023), i professionisti che trattano l’ansia da cambiamento climatico dovrebbero concentrarsi anche sulla stimolazione dell’autoefficacia dei pazienti per evitare l’eco-paralisi e incoraggiare i comportamenti pro-ambiente».
Chiaramente senza entrare dal punto di vista politico e sostenibile, noi cosa potremmo fare oggettivamente per poter dare una mano a chi soffre di questa patologia? E se soffriamo noi stessi di eco ansia, c’è un modo in cui possiamo migliorare?
Dott.ss Gioia Iannitti: Riguardo il termine patologia, «i ricercatori riconoscono che un livello basso di ansia e di coinvolgimento emotivo di fronte ai cambiamenti climatici è una risposta normale a una realtà stressante (Reser e Swim, 2011). Per questo non esiste una diagnosi vera e propria di eco-ansia, e tale condizione non è considerata ufficialmente una patologia a tutti gli effetti. Tuttavia, come già detto, è indubbio che un numero crescente di persone sperimenta forme depressive e sintomi ansiosi in connessione alle sorti della Terra (Jones et al., 2012).
Alcuni ricercatori hanno quindi suggerito l’opportunità di articolare il concetto di eco-ansia lungo uno spettro: da un lato le forti emozioni possono portare all’azione e alla mobilitazione, consentendo di cambiare le proprie abitudini e di aiutare il pianeta; dall’altro, l’eco-ansia può portare a una paralisi di fronte all’immensità del problema ecologico (Wolf e Moser, 2011) e alla sua negazione (Albrecht et al., 2007). Le persone si muovono lungo questo spettro a seconda di diversi fattori, comprese le loro risorse emotive, la rete di supporto sociale che hanno a disposizione, e il contesto globale in cui agiscono (Berry et al., 2010). […]».
Per migliorare, ci sono «tre strategie per affrontare i cambiamenti climatici.
La lettura a disposizione indica che, parallelamente a questi sentimenti, i giovani elaborano anche un senso di speranza rispetto ai cambiamenti climatici. Due studi hanno scoperto che preoccupazione e speranza sono positivamente correlate (Stevenson e Peterson, 2016), e che la fiducia nel futuro va di pari passo con l’azione (Ojala, 2012a). Un elemento chiave della letteratura è infatti il modo in cui i giovani affrontano il cambiamento climatico. Nei suoi articoli, Ojala (2013) esplora tre loro diverse strategie di coping (i meccanismi che le persone utilizzano per fronteggiare i problemi):
- le strategie focalizzate sul problema: si cerca attivamente di fare qualcosa per cambiare le cose intraprendendo azioni concrete, come studiare più approfonditamente la questione, cercare informazioni e agire;
- strategie focalizzate sulle emozioni: ci si sbarazza dei sentimenti negativi prodotti dal problema, de-enfatizzando il pericolo, negandolo, prendendone le distanze attraverso la distrazione e l’evitamento, cercando supporto sociale o iper-attivando le emozioni;
- strategie legate al significato: si evocano emozioni positive pur riconoscendo il problema e si trova un significato anche se esso non può essere risolto immediatamente, ad esempio riformulando in modo positivo.
Sulla base di questo schema, Ojala (2012a) ha scoperto che la strategia più comune nei bambini, negli adolescenti e nei giovani adulti è il distanziamento emotivo (focalizzata sulle emozioni). Tuttavia, per incoraggiare la speranza, il meccanismo più efficiente è la strategia legata al significato, perché attiva emozioni positive senza ignorare quelle negative, una combinazione che ha effetti generali positivi e che genera comportamenti pro-ambiente (Ojala, 2012b). […]».
Giulia, 24 anni, blogger. Ipersensibile, empatica fino alla sofferenza, amo scrivere, leggere, guardare serie tv e anime, i gatti e seguire le giuste polemiche. Il mio sogno nel cassetto è rivoluzionare il sistema scolastico e universitario basato su un merito che fa soffrire.
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