Cosa ci ha lasciato il film di Barbie
Cosa ci ha lasciato il film di Barbie

Cosa ci ha lasciato il film di Barbie

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Barbie è il film del momento, e lo è da quando è stato annunciato. È anche un film da record, con la regista Greta Gerwig che è diventata la prima donna regista nella storia del cinema a girare un film che incassa più di un miliardo di dollari, e in sole tre settimane! Prima di lei, solamente Anna Boden con “Captain Marvel” aveva raggiunto questo successo, ma lei era co-regista, mentre la regista di Barbie ha fatto tutto sola. «Il fenomeno Barbie è senza precedenti e non preventivabile», ha detto Paul Dergarabedian a riguardo. Ma perché? Cos’ha Barbie in più rispetto agli altri film? Vediamo insieme cosa ci ha lasciato Barbie di Greta Gerwig.

[Nell’articolo sono presenti degli spoiler]

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Qualche informazione sul film: è prodotto dalla Warner Bros, con Margot Robbie e Ryan Gosling che interpretano i protagonisti, una la bambolina e l’altro Ken, il suo eterno compagno – amico. Le varie Barbie poi avranno diversi volti, alcuni anche più conosciuti (la Barbie sirena, infatti, è niente di meno che Dua Lipa). Greta Gerwig, nota per aver diretto “Lady Bird” e “Piccole donne”, ha diretto il film e ne ha scritto la sceneggiatura con Noah Baumbach.

Insieme a Margot Robbie e Ryan Gosling il cast è davvero straordinario, e la maggior parte di loro interpreta le diverse bambole con i rispettivi Ken. Ad esempio, fra le famose bambole, abbiamo Kate McKinnon, Issa Rae, Hari Nef, Alexandra Shipp, Emma Mackey, Sharon Rooney, Dua Lipa, Nicola Coughlan, Ana Cruz Kayne, Ritu Arya, Kingsley Ben-Adir, Simu Liu, Scott Evans, Ncuti Gatwa e John Cena. Barbie include anche America Ferrera, Will Ferrell, Connor Swindells, Michael Cera, Helen Mirren, Jamie Demetriou e Emerald Fennell.

I tre messaggi che ci ha lasciato il film di Barbie

Possiamo definire Barbie come quel viaggio che le bambine intraprendono nel momento in cui diventano donne. La nostra infanzia è rappresentata da Barbieland, tutte spensierate, tutto sembra perfetto. Il mondo reale, invece, è quando diventiamo donne: la sessualizzazione e l’oggettificazione del nostro corpo, le aspettative che abbiamo che vengono distrutte dalla società poco a poco, l’odio verso noi stesse e verso il nostro corpo che cambia. Ma nel film c’è persino più di questo.

Abbiamo scelto tre punti in particolare: Ken, non sentirsi abbastanza e, infine, il discorso di America Ferrera.

Ken

Mi ha personalmente colpita nel profondo il fatto che Ken non abbia chiesto scusa a Barbie alla fine del film. Anche Ken è una sorta di metafora, quella per tutti i ragazzi che durante la nostra infanzia sono stati gentili, hanno giocato con noi, hanno riso con noi, e poi una volta cresciuti sono diventati dei misogini che sessualizzano a prescindere le proprie coetanee. Ma è più di questo.

Ken toglie senza esitazione, senza rimorsi, tutto ciò che la persona da lui amata possiede, poiché è il suo desiderio. Nonostante sia evidente che Barbieland non fosse esente da difetti, Ken non ha cercato di creare il suo spazio unico né di iniziare a scrivere la sua storia. Invece, ha optato per appropriarsi dell’esistenza della sua compagna/amica, ignorando le sue lacrime e le sue sofferenze, senza porsi neanche il dubbio se ciò fosse giusto. Alla conclusione di questa vicenda, sorprendentemente, è Barbie stessa a chiedere scusa a lui.

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Ken non offre alcuna scusa a Barbie per l’immensa sofferenza che le ha inflitto, bensì è lei a chiedere scusa a lui e persino a incoraggiarlo nella ricerca del suo vero io. Lei lo consola e lo ascolta, nonostante la terribile sofferenza che ha subito a causa sua. Questo nonostante Ken abbia manipolato le sue amiche fino a stravolgerne la personalità e le abbia trattate come oggetti decorativi.

Tutto ciò mi ha fatto pensare a quelle tristi storie di ragazze intrappolate in relazioni tossiche, costrette a patire a lungo, a piangere notte dopo notte e a dubitare costantemente del proprio valore. È una situazione che le porta a pensare di essere impotenti e di non avere il diritto di cercare un cambiamento.

Questo fino a quando un familiare, un’amica o persino l’ispirazione tratta da un libro, un film o una canzone non le fa comprendere che questa prospettiva non è corretta e quindi si aggrappano con determinazione a un cambiamento radicale nella loro vita. Eppure, alla conclusione di tutto ciò, finiscono per essere giudicate negativamente. Sono loro – le donne -, le colpevoli, poiché hanno deciso di abbandonare il “Ken” presente nella loro esistenza, colui che le trattava come oggetti personali e non permetteva loro di perseguire i propri sogni. Paradossalmente, le ragazze vengono accusate di non amare più, e inavvertitamente si trasformano in oggetto di biasimo.

Non sentirsi abbastanza

Le bambole Barbie sono state ideate affinché le bambine potessero finalmente giocare con un mondo che non le relegasse esclusivamente al ruolo di madri. Grazie a queste bambole, potevano dare libero sfogo alla loro immaginazione, sognare e intravedere un futuro diverso per sé stesse. Durante la nostra infanzia, quando giocavamo con le Barbie, non ci passava mai per la mente l’idea di desiderare il corpo di Barbie. È stato qualcuno (rappresentato dai Ken della vita reale) a farci credere che dovessimo aspirare a essere magre, belle e sempre impeccabili, come la bambola con cui giocavamo. Qualcuno ha imposto su di noi questa aspettativa.

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In origine, la prima Barbie avrebbe dovuto essere uno strumento di potenziamento per le bambine. Volevamo essere principesse come lei, sì, ma volevamo anche diventare dottori, insegnanti, presidenti, astronauti. Non cercavamo di emulare la sua bellezza, fino a quando qualcuno non ci ha spinto in quella direzione, trasformando la bambola da un’icona femminista in un oggetto disprezzato da alcune ragazze più sveglie, come Sasha.

Nella rappresentazione di Margot Robbie, la Barbie si conforma allo stereotipo: non possiede caratteristiche specifiche, non è intelligente, non ha una carriera, non è atletica. È definita unicamente dalla sua bellezza. E così, quando la protagonista inizia a dubitare della sua bellezza, arriva a sentirsi priva di valore, riflettendo ciò che la società ci ha inculcato. A noi donne vengono richiesti requisiti specifici: dobbiamo essere belle o possedere talenti eccezionali, o ancora, dimostrarci incredibilmente intelligenti. Questo non è mai richiesto ai Ken: loro sono semplicemente Ken. Quando la protagonista smette di percepirsi come bella, comincia a paragonarsi agli altri e a sperimentare il peso dell’inferiorità con cui le donne nel mondo reale lottano ogni giorno.

Il monologo di America Ferrera

Il monologo di America Ferrera, che nel film interpreta una madre pervasa da una profonda malinconia per via dell’accentuarsi dell’allontanamento della figlia adolescente e della dissolvenza dei ricordi e delle consuetudini condivise, ha suscitato una commozione universale. È stato impossibile per me leggerlo o ascoltarlo senza piangere, sentendo come se mi mancasse il respiro. Ho percepito un senso di identificazione, perché tale tematica raramente viene affrontata. Non se ne parla abbastanza.

Solo chi vive la realtà delle donne può veramente comprendere la verità e l’importanza del monologo di America Ferrera. Eppure, devo dirvelo, quel monologo non era rivolto direttamente a noi donne. Tutti quei sentimenti e realtà già li conosciamo, senza aver bisogno di un film che ce li presenti.

Noi sappiamo cosa significhi essere donne e dover lottare contro se stesse, spesso persino contro le altre donne, cercando di impersonare una versione di noi stesse che non è autentica, solo per soddisfare una società che ha stabilito un modello di comportamento: dobbiamo essere educatissime, silenziose, sempre impeccabili, intelligenti e, soprattutto, gratitudine dovrebbe essere la nostra costante. Dobbiamo sempre dimostrarci grate per tutto quello che abbiamo, persino se ogni risultato è stato conquistato a costo di fatica e sacrificio.

Il monologo era per i Ken e gli Allan in sala, o meglio era per i ragazzi che poi avrebbero un po’ scelto se dover essere dei Ken oppure degli Allan. E quindi adesso lo riportiamo anche qui, in maniera integrale, perché non c’è modo migliore di spiegarlo, che leggerlo:

È letteralmente impossibile essere una donna. Sei così bella e così intelligente e mi sciocca davvero che tu pensi di non essere abbastanza bravo. Ad esempio, dovremmo sempre essere straordinari, ma in qualche modo facciamo sempre qualcosa di sbagliato.

Devi essere magro, ma non troppo. E non puoi mai dire di voler perdere peso. Devi dire che vuoi essere sano, ma devi anche essere magro. Devi avere soldi, ma non puoi chiederli perché è volgare. Devi essere il capo, ma non essere cattivo. Devi guidare, ma non puoi schiacciare le idee degli altri. Essere una madre dovrebbe essere divertente, ma non parlare solo dei tuoi figli. Dovresti essere una donna in carriera, ma dovresti anche prenderti cura degli altri. È folle dover rispondere al cattivo comportamento di un uomo, ma se lo fai notare, verrai accusato di lamentarti.

Dovresti essere bella per gli uomini, ma non dovresti essere troppo carina per sedurre gli uomini o intimidire altre donne solo perché dovresti far parte di una sorellanza. Ma distinguiti sempre e sii sempre grato. Ma non dimenticare mai che il sistema viene manipolato. Quindi, pur riconoscendolo, trova un modo per essere sempre grato. Mai invecchiare, mai essere scortese, mai spettacolo spento, mai egoista, mai cadere, mai fallire, mai spettacolo Abbi paura, non uscire mai dalla linea. troppo difficile! È troppo contraddittorio, nessuno mi darà una medaglia e non posso nemmeno dire grazie! E infatti si scopre che non solo stai sbagliando tutto, ma è tutta colpa tua.

Sono così stanca di vedere me stessa e tutte le altre donne legarsi per piacere alle persone. E non so se tutto ciò si applichi alle bambole che rappresentano solo donne.

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