Parliamo di solitudine: cos’è e 5 consigli per gestirla al meglio
Parliamo di solitudine: cos’è e 5 consigli per gestirla al meglio

Parliamo di solitudine: cos’è e 5 consigli per gestirla al meglio

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Ai tempi d’oggi, il concetto di solitudine è divenuto tanto complesso quanto estremamente attuale come tema da discutere, soprattutto tra le ultime generazioni. L’uomo nasce come animale sociale: esige per natura relazioni sociali, rapporti di fiducia e un innato bisogno di condivisione, ma allo stesso tempo le condizioni di vita odierne spingono inevitabilmente l’individuo a estraniarsi più volte e chiudersi in se stesso per timore di subire giudizi dannosi, portatori di grandi sofferenze.

la solitudine

Solitudine: proviamo a definirla

Innanzitutto, cosa si intende per solitudine? Non esiste una definizione davvero univoca, che riesca a comprendere la globalità del concetto. Infatti, è definita sentimento, percezione, emozione, stato d’animo incurabile, condizione psicofisica, necessità esistenziale.

Già da queste poche righe si comprende quanto la solitudine vada concepita come uno stato soggettivo, personale, e quanto intima sia la sua percezione e la sua interpretazione. 

L’unica verità sulla solitudine è che corrisponde alla doppia faccia della stessa medaglia: una positiva e una negativa. Per alcuni è voluta e ambita come strada maestra per ritrovare se stessi. Per altri è una condanna ineluttabile da scongiurare.

La solitudine nel contesto psicologico

Anche nei vari approcci psicologici, la solitudine non ha una definizione precisa. Per fare qualche esempio, nella psicoanalisi e nel cognitivismo è considerata positivamente, come strumento per capirsi profondamente e sviluppare abilità evolute. Per il modello sistemico e la gestalt, al contrario, è sintomo della patogenesi di quadri clinici gravi.

Pertanto, per leggere in maniera davvero funzionale la solitudine, come del resto tutti gli altri stati psicologici, si dovrebbe essere fedeli solo alla soggettiva interpretazione che ne dà la persona nella sua originalità.

Facciamo più chiarezza: solitudine e autostima

L’essere soli è una condizione che, abbiamo visto, può essere intesa in un duplice modo: come uno stato di abbandono e paura, oppure come una condizione di riflessione ed evoluzione personale.

La solitudine non dovrebbe essere intesa come una dimensione negativa, piuttosto come la capacità di stare bene in compagnia di noi stessi. È importante comprendere come la buona autostima ci possa portare a gestire i momenti di solitudine.

La persona con buona autostima sembra avere una marcia in più quando si relaziona con le altre persone, ma allo stesso tempo sa stare bene da sola. Sembra un paradosso: una buona stima di sé ci porta ad essere più accettanti e aperti verso gli altri, apprezzando la loro compagnia maggiormente senza giudicarli ma accettandoli con i loro pregi e difetti. 

La differenza può consistere nella dimensione del piacere: chi ha una buona autostima ha piacere di stare con gli altri, ma non ne ha un bisogno assoluto. Chi ha una bassa autostima invece ha, a volte, la necessità di stare con le altre persone, che rappresentano una sorta di stampella alla bassa concezione di noi stessi e per rinforzare l’opinione che ha di se stessa. 

La persona con buona autostima riesce a vedere i momenti di solitudine non come l’assenza di qualcuno, ma come l’occasione di stare con se stessa coltivando la dimensione dell’introspezione e di riflessione. La flessibilità e l’apertura mentale sono qualità della buona autostima: la solitudine può quindi portare a scoprire nuovi interessi. 

Negare la solitudine è negare se stessi

A. Lo Iacono

La differenza tra essere soli e sentirsi soli

L’esperienza clinica ci dimostra costantemente che essere soli è una condizione oggettiva meno invalidante del sentirsi soli, che invece è una percezione soggettiva. Infatti, è così che funziona l’essere umano: ciò che è creduto nelle mia mente, esiste. Nel bene e nel male è la percezione soggettiva a fare la differenza.

In termini scientifici, la solitudine sofferta attiva le aree cerebrali del dolore e della paura e innesca le tipiche reazioni di difesa verso ciò che è indesiderato. 

Gli effetti devastanti del sentirsi soli sono stati dimostrati anche attraverso indagini diagnostiche strumentali. Infatti, è stato scoperto che chi vive una costante condizione di solitudine e si sente abbandonato attiva le stesse aree cerebrali di chi prova dolore fisico (Cacioppo, 2008). Pertanto, il dolore psicologico crea effetti deleteri quanto quello fisico.

Al contrario, se l’isolamento sociale è ricercato come condizione necessaria a raggiungere uno stato alterato di coscienza per ottenere performance sopra il comune, innesca tutti i meccanismi tipici del piacere. È il caso, per esempio, del campione sportivo, che si concentra prima della prestazione.

Vediamo come la solitudine sia non solo una condanna, ma anche un mezzo per vivere in maniera equilibrata. L’etimologia stessa della parola esistere è ex-sistere, ovvero essere fuori → essere esposto → essere solo. 

Dal momento che si nasce soli, la scelta sta se essere vittime di questa condizione o se modularla a nostro vantaggio. In realtà, la solitudine fa parte di tutta una serie di passaggi della vita dell’essere umano che spesso vengono dati per scontati, ma che se vengono saltati possono portare allo sviluppo di condizioni di malessere, fino a vere e proprie psicopatologie.

Imparare a stare bene da soli dovrebbe essere un traguardo anelato man mano che l’individuo costruisce la propria indipendenza (es. relazione genitori-figli).

5 ottimi consigli su come gestire al meglio la solitudine

  1. Prenditi una pausa dai social: sembra assurdo, dal momento che i social network hanno lo scopo di connettere le persone e aumentare le relazioni interpersonali, ma il più delle volte producono nelle nostre menti modi di pensare e ragionare estremamente esemplificativi e deleteri. Ad esempio, vedere dei video in cui degli amici passano del tempo insieme divertendosi, mentre si è da soli in camera – magari triste o demotivata – può causare frustrazione e inevitabili confronti disfunzionali. Invece di usare il telefono in un momento di pausa, pensa a cosa potresti fare per poterti prendere cura di te in quel momento, anche se per pochi minuti. Ne abbiamo parlato anche in uno scorso articolo: leggilo qui.
  2. Pianifica e organizza: prendersi del tempo per sé significa anche scegliere di amarsi e di ascoltarsi. Per stare bene e divertirsi non occorre sempre e solo trascorrere del tempo in compagnia, ma può essere utile anche passeggiare in autonomia, ascoltare della musica, praticare discipline olistiche (ad esempio yoga o meditazione), fare sport individuale (nuoto libero o allenamenti in palestra).
  3. Inizia un percorso di psicoterapia: può sembrare un argomento estraneo da quello che stiamo trattando, ma non lo è! Anche se in questa scelta è prevista la presenza di un esterno oltre te, non significa che non si venga a realizzare un viaggio introspettivo e riflessivo. Andare in terapia ti permette di raccontare non solo al professionista che hai di fronte, ma anche a te stesso le tue paure, i tuoi sogni, le tue delusioni, i tuoi desideri, le tue aspettative e le tue scelte, senza timore di essere giudicato, perché l’esperto è lì per ascoltarti e guidarti nella strada migliore per te. Ricorda che noi abbiamo un meraviglioso sportello psicologico a prezzi calmierati attivo, con professionisti straordinari in tutta Italia.
  4. Fai pratica con il concetto di “prendersi cura”: è estremamente importante imparare a prendersi cura di qualcosa. Proprio come occorre coltivare le amicizie, è importantissimo coltivare anche se stessi e ciò che ci circonda. Se necessiti di qualcosa di reale, compra una pianta o un cucciolo, o semplicemente scopri una nuova passione e non abbandonarla: è una responsabilità in ogni caso, ma anche un modo di scoprire nuovi dettagli di te che altrimenti sarebbero rimasti sempre nascosti.
  5. Goditi le tue libertà: se non te la senti di uscire con gli amici per una sera, non sentirti costretto nel farlo. Hai il diritto e la totale libertà di ascoltare i tuoi bisogni, che gli altri non sempre saranno pronti a comprendere. Non sei un fallito o una fallita: sii sempre e comunque te stesso/a.
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