Cop29 ed emergenza climatica: tra discriminazione di genere ed ecofemminismo
Cop29 ed emergenza climatica: tra discriminazione di genere ed ecofemminismo

Cop29 ed emergenza climatica: tra discriminazione di genere ed ecofemminismo

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Oggi parliamo di ecofemminismo.

Zero donne su 28 uomini. Era la composizione del Comitato organizzatore della conferenza sul clima dell’Onu, la Cop29, per il prossimo dicembre in Azerbaijan. Secondo la ong eco-femminista She Changes Climate: “il cambiamento climatico riguarda tutto il mondo, non la metà”. Se consideriamo che la metà esclusa è da sempre anche la più attiva sui temi della sostenibilità e dell’ecologia, la situazione si fa ancora più catastrofica. Poi, a seguito dello scalpore suscitato dalla nomina, finalmente un’aggiunta di 12 membri al femminile. Non sarà il solito contentino? Consideriamo che tra le attuali figure politiche di spicco nel Parlamento azero ci sono numerose scienziate che sono state messe da parte.

Come se non bastasse, la Conferenza dell’Onu, sul calco di quella dell’anno precedente, verrà ospitata da uno stato petrolifero. Infatti, Mukhtar Babayev, presidente del Comitato e ministro dell’Ecologia e delle Risorse naturali, ha lavorato per 26 anni per la Compagnia statale del petrolio della Repubblica dell’Azerbaijan (Socar). Zero donne su 28 uomini è lo spareggio. Diritti ambientali e femminili trattati al pari di un gioco truccato. Scelta “regressiva”, dicevano le/gli attiviste/i di She Changes Climate, ancora in tempo per chiedere una pari rappresentanza nella governance del dibattito sul clima del 2024. Almeno il Comitato organizzatore della Cop28 del dicembre 2023 tenutasi negli Emirati Arabi era formato al 63% da donne.

Una maggiore presenza di figure femminili risulterebbe necessaria nei processi negoziali, ma l’Azerbaijan è un Paese in cui la libertà delle donne è ancora molto limitata insieme alla libertà di espressione e che prevede un aumento di un terzo della produzione basata sui combustibili fossili nel prossimo decennio.

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L’importanza delle donne nelle lotte ambientaliste e l’ecofemminismo

Il Comitato sembra aver già scelto che posizione prendere rispetto al cambiamento climatico quest’anno: catastrofica. Quello che succederà all’ecosistema sarà, come sempre, lo specchio delle strutture del potere. Un potere di stampo patriarcale che produce squilibrio e sfruttamento a tutto spiano in ogni ambito, dalle relazioni interpersonali all’ambiente. Sostenibilità, lotta al contrasto della crisi climatica e parità di genere sono tutti discorsi impensabili in assenza di donne nel dibattito politico e al governo: è un dato di fatto.

Anna Huttunen, esperta di tecnologie sull’impatto del carbonio, ha spinto per una mobilità più sostenibile nella città finlandese di Lahti, nominata Capitale verde europea 2021. Elham Youssefian, avvocata iraniana per i diritti umani emigrata negli Stati Uniti nel 2016, è attiva nell’International Disability Alliance, una rete globale che conta oltre 1.100 organizzazioni per rappresentare le persone disabili e analizza l’influenza del cambiamento climatico sulle politiche per la disabilità. Matcha Phorn-in, femminista lesbica di minoranza etnica/indigena è la fondatrice del Sangsan Anakot Yawachon Development Project che sostiene migliaia di donne, minoranze e della comunità LGBTQ, supportando parallelamente i diritti umani e la giustizia climatica.

Sono innumerevoli i nomi di donne famose per il loro impegno nella lotta contro la crisi climatica, insieme a quello esemplare di Greta Thunberg. L’ecologismo è un tema interdisciplinare e storicamente “femminile” già analizzato dalle teoriche dell’ecofemminismo e da moltissime donne di ogni epoca e luogo della Terra. Donna Haraway parla di connessioni tra le specie.

Secondo le tesi eco-femministe i fenomeni alla base dei cambiamenti climatici sono collegati al sistema di valori capitalistici e patriarcali, che attribuiscono alle donne e alla natura un’importanza minore rispetto agli uomini. L’uomo è elevato a standard per l’intero genere umano. Il legame tra femminile/femminismo e sostenibilità è antico quanto il mondo. Forse non è un caso se le società più pacifiche e “naturiste” siano quelle matrilineari come i Moso, minoranza etnica che vive nello Yunnan. In modo diametralmente opposto, il sistema capitalistico-patriarcale produrrebbe incuria e sfruttamento estremo di terre, risorse, popoli, donne, categorie vulnerabili, come è illustrato perfettamente in Manifesto della cura del Care Collective.

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Rappresentanza femminile per il benessere mondiale

Dicono che “non ci sono abbastanza donne”. Quindi, puntualmente, in ogni settore o quasi, gli uomini risultano più “bravi” delle donne, più degni di loro di essere chiamati a prendere parola per stabilire decisioni ecumeniche. È il sottotesto pericoloso e falso, ma poco credibile, di chi ha il privilegio di non essere (pre)giudicato in quanto appartenente al genere “forte”, quello maschile.

Tutto passa come se non fosse mai esistito un sistema che per secoli ha letteralmente buttato fuori le donne dai luoghi decisionali e, in parte, continua a farlo con tecniche più subdole come la manipolazione, le molestie, il gender pay gap, l’assenza di un congedo di paternità adeguato e le giurie di soli maschi che premiano solo gli uomini (guarda caso!), lasciando sempre un passo indietro le donne con la loro mancata realizzazione personale e professionale.

Quello 0/28 continua a turbarci due volte. È il danno in partenza di un sistema androcentrico, egemonizzato dagli uomini, con tutte le conseguenze violente del caso. È la beffa dell’esclusione femminile spacciata come “normale” secondo un principio di falsa meritocrazia, il cui metro di misura solitamente è ben poco obiettivo e pieno di bias misogini. Beffa ancor più grave se consideriamo il valore delle donne nelle battaglie ambientaliste. Fossero in maggioranza schiacciante, al prossimo giro, forse, per una volta vedremmo qualche risultato concreto per il clima e per i diritti umani.

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Come umanità non abbiamo ancora compreso quanto i problemi climatici, lo sfruttamento ambientale e moltissime discriminazioni sistemiche siano fortemente collegati anche all’oppressione femminile in un’ottica intersezionale. Forse, siamo troppo occupati a pensare che “non ci sono abbastanza donne”, mentre non ci preoccupiamo di passare loro i microfoni. Donne preparate, talentuose, capaci di dare un forte contributo per i cambiamenti nel mondo rischiano continuamente di essere schiacciate dal sistema prima di emergere, un po’ come l’equilibrio ambientale. Nessuno se ne accorgerà. Sembrerà solo che non ci siano abbastanza donne, se le loro voci resteranno in sordina, deprivando l’intero pianeta.

Come sostenere le donne nel Mondo?

  1. Quando organizzi un qualsiasi evento, anche nel tuo piccolo, fai una lista di esperte del settore a cui passare il microfono e assicurati che non siano numericamente inferiori rispetto agli specialisti uomini che andrai a invitare.
  2. Impara a riconoscere gli Stereotipi di Genere che impediscono di valutare correttamente il valore delle donne che ti circondando e i Bias sessisti che rendono impossibile attribuire il giusto merito al talento femminile. Puoi dare un occhiata anche a quest’articolo: Stereotipi di Genere nella Cultura: riconosciamoli e creiamo nuove soluzioni
  3. Sostieni la lotta contro tutte le discriminazioni sistemiche, inclusa quella ambientale, interessandoti al punto di vista femminile e delle persone marginalizzate per la risoluzione dei problemi del Mondo.
  4. Impegnati a compiere almeno un’azione quotidiana per sostenere la parità di genere, a partire da chi ti sta intorno.

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