De.sidera. Dal disturbo alimentare al powerlifting: la storia di Erika
De.sidera. Dal disturbo alimentare al powerlifting: la storia di Erika

De.sidera. Dal disturbo alimentare al powerlifting: la storia di Erika

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Dalla bulimia nervosa al powerlifting. Oggi la nostra rubrica darà spazio ad una testimonianza davvero preziosa: una storia di rinascita, di sacrificio e tanto coraggio. Non possiamo che ringraziare Erika per aver accettato di raccontare la sua esperienza di cura da un disturbo del comportamento alimentare e la forza nel trovare come via di evoluzione personale lo sport.

Fonte: Pexels

In occasione della Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla, la scorsa settimana Univox ha proposto un intervento presso l’Università degli Studi di Bari con alcuni professionisti del settore sanitario, sociale ed educativo, che ha coinvolto oltre duecento studenti del Dipartimento di Economia Management e Diritto dell’Impresa.

Come abbiamo esposto nello scorso articolo, è emersa l’importanza della parola, del confronto e della consapevolezza: attraverso un percorso di cura con esperti qualificati e un lavoro d’équipe, ma anche con un cammino di crescita personale guarire è possibile. Oggi Erika ce lo dimostrerà.

“DCAmolo: dialoghi e confronto sui disturbi del comportamento alimentare” – Seminario 15 Marzo 2024

De.sidera: la nostra rubrica sul disagio giovanile

É importante ribadirlo ad ogni possibile occasione: “De.sidera” è la rubrica del blog della nostra associazione di promozione sociale, “Univox” ets, e si occupa di dare spazio non solo alle tematiche connesse al tema del disagio giovanile, ma anche a testimonianza di persone che desiderano dare voce a malesseri presenti o passati vissuti sulla propria pelle. 

É questo, a volte, che manca terribilmente: la voce che resta in silenzio, perché si ha il timore del giudizio, dell’etichetta, della derisione. “Univox” è da sempre un luogo di connessione nonviolenta e non giudicante, di pura inclusione e ascolto empatico: da qui la necessità di creare questo spazio di racconto personale. Si può scegliere di raccontarsi in anonimo o no, proponendo un tema di proprio interesse o offrendosi disponibile per la trattazione di un argomento connesso alla nostra nicchia tematica. 

Se hai in te l’interesse di partecipare, puoi contattarci sul nostro indirizzo email: apsunivox@gmail.com. Accoglieremo la tua richiesta e sarà nostra premura ricontattarti. Non c’è alcun vincolo di età o alcuna assoluta forma discriminante: qui troverai sempre un posto sicuro.

Cos’è un disturbo alimentare?

Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) – noti anche come Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione (DNA) – secondo il DSM-5 (sigla per Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders), sono caratterizzati da “comportamenti collegati con l’alimentazione che compromettono significativamente la salute fisica o il funzionamento psicosociale”. Sono caratterizzati da un comportamento disfunzionale nei confronti del cibo, da una dispercezione corporea e da una conseguente preoccupazione per il proprio peso e aspetto fisico.

Fonte: Pexels

In caso di disturbo alimentare, lo stato di salute fisica è quasi sempre compromesso a causa delle alterate condotte alimentari – restrizione alimentare, eccessivo consumo di cibo con perdita di controllo, condotte di eliminazione e/o compensatorie – che portano ad un’alterazione dello stato nutrizionale.

Se non trattati in tempi e con metodi adeguati, i DNA possono diventare una condizione permanente e compromettere seriamente la salute fisica totale: da quella cardiovascolare a quella gastrointestinale, da quello ematologico a quello scheletrico, dal sistema nervoso centrale a quello dermatologico.

Attualmente questi disturbi rappresentano un importante problema di salute pubblica: le statistiche degli ultimi decenni dimostrano per l’anoressia e per la bulimia un progressivo abbassamento dell’età di insorgenza, tanto che sono sempre più frequenti diagnosi in età pre-adolescenziale e nell’infanzia. Un esordio precoce può infatti comportare un rischio maggiore di danni permanenti secondari alla malnutrizione, soprattutto a carico dei tessuti che non hanno ancora raggiunto una piena maturazione, come le ossa e il sistema nervoso centrale.

Data la loro complessità, l’intervento precoce riveste un’importanza particolare: è essenziale una grande collaborazione tra figure professionali con differenti specializzazioni (medici specialisti in psichiatria, in pediatria, dietisti, psicologi) ai fini di una diagnosi precoce.

Cosa significa convivere con un disturbo alimentare? Il peso del pregiudizio

C’è una certezza salda: viviamo in una società incatenata da pregiudizi e stereotipi che pesano in un modo così agghiacciante da non poter trovare il più delle volte efficaci modalità per poter distruggerli.

Tra questi, l’idea che per soffrire di un disturbo alimentare sia necessario avere una determinata fisionomia: il basso peso, come spesso erroneamente si ritiene, non è un marcatore unico e specifico: anche condizioni di normopeso e sovrappeso possono essere associate alla presenza di disturbi della nutrizione e dell’alimentazione.

Convivere con un DCA significa lottare costantemente contro se stessi: aspirare ad un modello malsano ma che può procurare soddisfazione o iniziare una cura per una maggiore consapevolezza? Può sembrare scontato, ma possiamo assicurare che non è sempre così: ci batteremo fino alla fine per ricordare che, quando si vive in un’ombra del genere da soli e spesso incompresi, ci si abitua a pensare che quello stesso incubo possa essere quasi un sollievo, una certezza.

Se non si vive una determinata situazione, non si può giudicare. Possiamo solo ascoltare, accogliere e iniziare a trovare quella soluzione per iniziare a stare bene senza accanimento o pretesa: il percorso di cura e la guarigione sono tortuosi e complessi, ma non impossibili.

Erika e il powerlifting: guarire è possibile

Fonte: Pexels

Nel convegno sopra menzionato, Erika ha raccontato con le lacrime agli occhi la sua storia. Abbiamo deciso di lasciarle uno spazio sicuro di condivisione: vi chiediamo di averne cura e rispetto. Buona lettura.

Sono Erika Vuolo, sono ingegnere biomedico e sono atleta agonista di powerlifting. Prima di essere la persona che sono ora, sono stata una persona che per 12 anni ha sofferto di DCA, passando dal binge eating alla bulimia nervosa.

Non so dirvi quando è iniziato, ma ho capito che qualcosa non stava andando bene già dalla prima media. Mi sentivo vuota, sola e ho provato a colmare questo vuoto con il cibo, fino a stare male, fino a guardarmi allo specchio senza riconoscermi, vergognandomi e rinchiudendomi in camera. Fino a quando non cadevo in sonno profondo dovuto al quantitativo di cibo che avevo ingerito.

Ho vissuto questo loop dall’inizio dell’università, vivendo con un ‘mostro’ a cui io non sapevo dare un nome, ma che veniva fuori quando non riuscivo a gestire bene le mie emozioni.  Poi ho cambiato città per studiare e mentre preparavo le valigie io continuavo a ripetermi “quella di ieri è stata la mia ultima abbuffata, da domani non accadrà più”.

Una cosa che non mi ha mai spinto a chiedere aiuto in quel periodo era il credere di non meritare aiuto. Mi rendevo conto di avere un problema con il cibo, ma la mia testa associava questo tipo di problema solo ad un corpo estremamente magro. Quindi, non meritavo di poter chiedere aiuto. Ho una famiglia perfetta, il mio gruppo di amici che mi vuole bene, un fidanzato che mi amava per quella che ero

powerlifting
Fonte: Pexels

Un giorno ho cercato su internet “come perdere peso velocemente” e ho trovato una dieta; l’ho seguita, ho avuto i primi  risultati ma è arrivata l’iperattività, la stanchezza fisica e mentale, difficoltà a concentrarmi, amenorrea durata un anno, perdita di capelli e rinunce su rinunce ad uscite con i miei amici. Con la quarantena, la mia iperattività è venuta meno e ho scoperto che un’olio che stavo usando per far crescere i capelli, se ingerito, poteva causare effetti lassativi. 

Mi stavo distruggendo e stavo distruggendo la mia famiglia. Avevo allontanato tutti, avevo alzato muri e non permettevo a nessuno di avvicinarsi, un po’ per proteggerli, un po’ perché mi vergognavo. Poi ho iniziato a non passare gli esami all’università. Quel giorno sono scappata di casa piangendo e volevo davvero togliermi la vita. Poi ho pensato che mia madre sarebbe morta insieme quel giorno, mio padre non si sarebbe mai perdonato di aver sottovalutato il problema, mia nonna non avrebbe più preso il caffè con me ogni mattina in estate, mio fratello e mia sorella avrebbero perso un pezzo del trio.

Ho iniziato la terapia e ho dato un nome al mostro: prima si chiamava binge eating, poi bulimia nervosa. Mi sono sentita capita, ho imparato a saper gestire e riconoscere quando stava per arrivare un’abbuffata, ma anche a gestire il post abbuffata nel momento in cui non ero riuscita a controllarla. Sono riuscita a tornare a studiare serenamente, a laurearmi in triennale e in magistrale. Ad urlare per la prima volta “ho vinto io”.

Successivamente scoperto il powerlifing e la mia squadra si chiama “STRONGER”, letteralmente “più forte”.  Ho scelto questa disciplina perché come nello squat, nello stacco o nella panca capita di rimanerci sotto, anche nella vita ci sono alti e bassi. Il segreto è riprovarci sempre, metterci sempre un po’ più di forza, fino a quando non ti rendi conto che ci sei riuscita. 

Il powerlifting non mi ha salvato la vita, ma mi ha dato un motivo in piu per viverla.

Erika Vuolo.

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