Oggi, 7 Aprile 2023, ricorre la giornata mondiale della salute. Eppure, sono ancora troppi i dubbi sul piano d’azione da lanciare per salvaguardare una situazione apparentemente stabile, ma formalmente sull’orlo della catastrofe.
Lo slogan, ‘Health For All‘, fa riferimento all’obiettivo che tutte le persone godano di buona salute, ma purtroppo oggi il 30% della popolazione mondiale non è in grado di accedere ai servizi sanitari essenziali. Quasi due miliardi di persone affrontano una spesa sanitaria catastrofica che porta spesso alla povertà intere famiglie, con disuguaglianze significative che colpiscono coloro che si trovano nei contesti più vulnerabili.
Le incertezze, tuttavia, non finiscono qui: gran parte della popolazione mondiale ignora persino la definizione stessa di salute, proposta dall’OMS nel 1948:
Quali sono, dunque, gli obiettivi che si dovrebbero porre i governi mondiali, secondo l’OMS? Li possiamo riassumere in tre punti:
- proporre piani d’azione coinvolgenti ed efficaci che coinvolgano tutte le fasce della popolazione, soprattutto le più vulnerabili;
- rispondere all’importante disagio dell‘infermità mentale e psicologica;
- creare consapevolezza sui rischi e i pericoli che una sottostimata valutazione della salute può causare.
Storia e finalità della ricorrenza
Nel 1948 la prima Assemblea mondiale della salute (World Health Assembly) decide di istituire una giornata dedicata della salute in tutto il mondo. Dal 1950 la giornata mondiale della salute (World Health Day) si celebra dunque il 7 aprile, per ricordare la fondazione dell’Oms avvenuta il 7 aprile 1948. Ogni anno viene scelto per la giornata un tema specifico, che evidenzia un’area di particolare interesse per l’OMS.
La giornata è un’occasione per promuovere a livello globale la sensibilizzazione su argomenti cruciali di salute pubblica di interesse della comunità internazionale, e lanciare programmi a lungo termine sugli argomenti al centro dell’attenzione.
La giornata mondiale della salute non è quindi un evento che si riduce ai lavori di un giorno, ma è ogni volta il punto di partenza di un percorso mirato a migliorare le condizioni di salute in tutto il mondo.
Uno sguardo più accurato sulla definizione proposta dall’OMS: “limitata e non aggiornata”
É innegabile che la proposta di definire la salute da parte dell’Organizzazione mondiale della Sanità sia stata fondamentale per formulare una visione più completa della salute e, in alcuni casi, anche delle politiche sanitarie che tenessero conto di fattori sociali, relazionali e psicologici.
Numerose, tuttavia, sono state le critiche: interessante spunto per noi è stato l’articolo “How should we define health?“, scritto dalla dott.ssa Huber Machteld (ricercatrice e medico olandese), pubblicato sul British Medical Journal nel 2011.
Il primo termine disturbante, afferma la dottoressa, è proprio l’attributo “completo“: infatti, considerare la salute come qualcosa che ci può essere solo “completamente” porta alla logica conseguenza che la maggior parte di noi non sia definibile in salute per la maggior parte del tempo.
Un secondo elemento di criticismo deriva poi dal fatto che le condizioni demografiche e sociali, le conoscenze mediche e le politiche sanitarie sono oggi molto diverse rispetto all’epoca storica in cui è stata formulata la citata definizione. Se nel 1948 promuovere la salute significava soprattutto combattere malattie acute (ad esempio la poliomielite), oggi le sfide sono altre e sono legate soprattutto all’invecchiamento, alla gestione delle malattie croniche o di lunga durata e alle forme di disabilità, che rappresentano le maggiori voci di spesa dei sistemi sanitari dei Paesi ad alto reddito come l’Italia.
Definire le persone con disturbi cronici o portatrici di disabilità come necessariamente “malate” sminuisce il valore della capacità umana di adattarsi e far fronte a tutto quello che ci mette alla prova sul piano fisico, emotivo e sociale, e quindi di vivere con soddisfazione e sentirsi realizzati nonostante una malattia fisica o una disabilità.
Come ne possiamo uscire, dunque? Tra le nuove proposte di definizione, una particolarmente promettente sembra essere quella del Comitato sulla Salute olandese: l’idea innovativa è quella di definire la salute in termini dinamici, come “l’abilità di adattarsi e di autogestire la propria salute“.Questa definizione si basa sulle capacità di far fronte alle avversità, di mantenere e ripristinare un proprio equilibrio e senso di benessere.
A piccoli passi tutto diventa possibile: la promozione e la sensibilizzazione possono davvero salvare la vita
Parlo da giovane studentessa universitaria di 24 anni: se solo avessi saputo prima cosa si intende propriamente per salute, avrei iniziato a lavorarci su molto tempo prima.
Il tema della salute mi tocca moltissimo, ma le sfere di interesse sono davvero troppe: l’inconsapevolezza del valore della salute, l’ignoranza e la necessità di apprendere semplici modalità per stare bene con se stessi e con l’altro, l’importanza di porsi obiettivi anche giornalieri per sentirsi meno oppressi, falliti e scartati da un sistema sociale che ci vuole tutti sempre retti e soddisfatti, in corsa verso un traguardo “di carta” che regala un senso di soddisfazione momentaneo e un conseguente stato di disorientamento.
É vero che talune decisioni devono necessariamente arrivare dai decreti governativi, ma è certo che anche noi, nel nostro piccolo, possiamo fare la differenza con poche e semplice azioni:
- non discriminare chi vive una realtà diversa dalla tua: non parlo solo di malattie croniche e disabilità, ma anche chi soffre di disturbi legati all’apprendimento e, in particolare, di patologie psichiatriche che possono alterare le modalità di agire e pensare. Non significa essere di meno degli altri o più sfortunati e, dunque, degni di compassione: si tratta di standard di vita discriminati per la loro vulnerabilità.
- il disagio mentale e sociale non sono meno importanti di quello fisico: un mal di testa e la frattura di un ginocchio sono due disagi fisici che meritano attenzione e cura, proprio come un disturbo d’ansia e la tendenza all’isolamento per incapacità relazionali o per un senso di inadeguatezza che troppo spesso viene sottovalutato.
- sensibilizzare non è lanciare parole in aria, ma è una vera missione: le associazioni, proprio come la nostra, trascorrono ore e ore di programmazione di piani di promozione su tematiche di cui oggi si parla davvero ancora troppo poco. Il mondo è nelle mani delle ultime generazioni, che devono essere consapevoli di ciò a cui stanno andando incontro: in un mondo in cui i social network padroneggiano la comunicazione istantanea, è utile offrire consapevolezza e spunti di riflessione anche su temi complessi ma di vitale importanza.
- prenditi il tuo tempo per conoscere e per conoscerti: viviamo in una società in cui tutto si fa di fretta, si corre, si contano i minuti perché poi si rischia di non poter fare tutto ciò che è stato programmato per quella giornata. E se ci prendessimo anche un solo giorno per non pensare, per non fare, per rimandare o per delegare? Credete sia impossibile e facile a dirsi? Se vi trovate in una situazione in cui tutto questo non è possibile, è perché lo stile di vita che avete scelto non è stato da voi correttamente valutato, dal momento che sostare, riflettere e pensare sono parti necessarie del nostro quotidiano.
- abbi cura di te e di chi hai intorno: può sembrare scontato, ma non lo è. Avere cura significa prendere i giusti tempi affinché si maturi e si fiorisca in condizioni ottimali: non occorre sempre comprendere subito e prendere una decisione definitiva, a meno che non vi sia un danneggiamento fisico o mentale di qualcuno o qualcosa coinvolti. Prenditi cura di te, dei tuoi tempi, delle tue imperfezioni – che sono anche tue unicità -, dei tuoi sogni e anche delle tue delusioni ed errori: anche le tempeste ventose sono importanti, non solo i raggi del sole.
Mi chiamo Serena (di nome sicuramente, ma non sempre di fatto) e amo scrivere, dipingere e prendermi cura dei fiori e dei miei piccoli cagnolini. Per me ogni voce ha un valore e merita di essere ascoltata: è da questo pensiero che ho creato e sto portando avanti con entusiasmo e passione la nostra APS UNIVOX ETS.