Ho sempre avuto un rapporto particolare con la rabbia perché fin da piccola sono sempre stata affettuosamente definita dalla mia famiglia una tipa “fumina”, termine che in Toscana è scherzosamente attribuito a chi si arrabbia subito, per poco o nulla, quindi a chi di pazienza ne ha proprio poca. Essendo una persona ironica, ci ho sempre scherzato su e, devo ammetterlo, per molto tempo non mi sono mai interrogata sul significato che la rabbia avesse per me e quale messaggio portasse con sé.
Da quando invece ho iniziato a familiarizzare e a lavorare con le mie emozioni, facendomi il dono di andare in terapia, le ho permesso di parlarmi e, soprattutto, ne ho legittimato la presenza: rabbia, che cosa vuoi dirmi? Ed io, di che cosa ho bisogno?
La rabbia è un’emozione negativa?
Parto dal presupposto che non mi piace categorizzare le emozioni nel netto dualismo positivo-negativo. A mio avviso le emozioni sono tutte positive, dal momento in cui ci comunicano un bisogno, un’esigenza e servono a “settare” l’individuo dal punto di vista fisiologico, cognitivo e comportamentale, rendendolo pronto a reagire in maniera adattiva a una specifica situazione. Per questo preferisco parlare di emozioni ad accezione positiva (come felicità, sorpresa, speranza…) e ad accezione negativa (come invidia, vergogna, gelosia…). Tutte le emozioni dunque sono necessarie, quelle piacevoli e quelle, ahimé, spiacevoli: immaginate che siano una guida che ciascuno custodisce dentro di sé, una bussola che deve essere vista, consultata e seguita per ritrovare il nostro sentiero.
Pertanto la rabbia, nonostante venga considerata un’emozione da reprimere, inopportuna, irragionevole e legata all’aggressività, è preziosa come tutte le altre per la sua funzione comunicativa. Anzi, la sua carica distruttiva e la sua impetuosità dipendono da come la rabbia viene incanalata e dall’uso che se ne fa. La rabbia diviene dannosa nel momento in cui non la si legittima, la si nasconde, si tenta di negarla.
Cos’è la rabbia e che funzione ha per noi?
La rabbia è una delle emozioni di base o primarie (insieme a gioia, paura, disgusto, tristezza e sorpresa), cioè appartiene all’esperienza umana comune ed è universalmente condivisa indipendentemente da età, genere, cultura etc.
La rabbia è uno stato emotivo generato da uno stimolo proveniente dall’ambiente esterno oppure dal proprio mondo interno ed ha una funzione adattiva specifica primordiale: difendersi e sopravvivere all’interno dell’ambiente in cui ci si trova, rispondere ad un’ingiustizia, ad un torto subito/percepito o alla violazione dei propri diritti. La rabbia ha inoltre lo scopo di rimuovere l’ostacolo che si interpone fra noi e l’obiettivo che stiamo cercando di perseguire e il fine ristabilire i confini personali laddove vengano violati.
All’interno della categoria emotiva “rabbia” esistono altri stati emotivi riconducibili alla rabbia, che ne esprimono un’intensità diversa: maggiore (come ira, collera, furia) o minore (come fastidio, irritazione, impazienza).
Fisiologia della rabbia
Vi siete mai soffermati a pensare dove questo fuoco vi attraversi? In quali parti del vostro corpo si insinui accendendo in voi una luce di ribellione? La rabbia così come tutte le altre emozioni, opera delle modificazioni fisiologiche del nostro organismo.
La rabbia nello specifico dipende dall’attivazione del sistema nervoso simpatico che ha il compito di attivare risposte di sopravvivenza alle minacce che vengono percepite, preparando l’organismo all’attacco o alla fuga. I sintomi che possono essere percepiti da questa attivazione sono:
- aumento del battito cardiaco;
- aumento della pressione arteriosa;
- incremento della frequenza del respiro;
- sensazione di contrazione o di maggiore tono muscolare;
- aumento della sudorazione;
- sensazione di stomaco chiuso o bruciore di stomaco e mancanza di appetito;
- bocca e gola secche;
- dilatazione delle pupille e aumento dell’attenzione e concentrazione sull’oggetto dell’emozione;
- mimica facciale particolare: fronte e sopracciglia aggrottate, denti serrati, pugni chiusi. L’organismo assume una postura che gli permette di entrare in azione da un momento all’altro. Tutto questo ci dà come informazione che il corpo è pronto per difendersi dall’ostilità.
Dove percepiamo la rabbia?
Col tempo ho appreso che ognuno di noi percepisce e esperisce la rabbia (e tutte le emozioni in generale) in modo peculiare e intimamente proprio. Tuttavia, nonostante le diversità che ci caratterizzano e ci rendono unici, è interessante scoprire che esiste una mappa corporea delle emozioni, la quale mostra che in fin dei conti le modalità di esperire le emozioni sono piuttosto simili e ci accomunano.
Una volta, durante una seduta, la mia precedente psicoterapeuta mi fece fare un’attività complessa quanto determinante per imparare ad ascoltarmi e sentirmi. Inizialmente mi fece sdraiare a terra sopra un cartellone e tracciò con un pennarello il confine del mio corpo, poi mi fece rialzare e disse “Ecco, questa sei tu. Ora devi dirmi in quale parte del corpo senti le diverse emozioni, anche se all’inizio non sarà facile”.
Prima di iniziare la psicoterapia, quando provavo un’emozione ero talmente concentrata sul pensiero e sull’azione, che quasi mai mi soffermavo a “sentire” dove si facesse strada per consegnarmi il prezioso messaggio che aveva per me. Ora ho iniziato a farlo e pian piano sta diventando un esercizio sempre più familiare.
Ho lavorato su questo aspetto del “sentire” con i bambini di una scuola primaria durante un nostro progetto “Direzione: Pianeta emozioni”, poiché ritengo che prima familiarizziamo con le nostre emozioni, più facile sarà accoglierle, capirle e dare un senso al nostro agire, secondo i nostri bisogni. L’alfabetizzazione emotiva è cruciale per il nostro benessere psico-fisico, per la costruzione del proprio sé e di relazioni sane e rispettose.
Ci serve davvero la rabbia?
La rabbia ancora oggi viene purtroppo considerata un’emozione “problematica” perché ingombrante e rumorosa. La rabbia è funzionale in quanto porta con sé un grande energia, la stessa che, se incanalata correttamente, ci permette di agire, muoverci, risolvere ciò che non sta funzionando. La rabbia attiva la nostra aggressività (non violenza!) dal latino aggredi, comp. di ad- “verso” e gradi “camminare”, che significa “andare verso”, quindi indica il movimento, l’attivazione.
Tuttavia la rabbia, da emozione efficace e messaggera, può trasformarsi anche in forza distruttiva e disfunzionale se la sua manifestazione compromette le relazioni e spinge a compiere azioni dannose verso sé e verso l’altr*. A tale proposito se la rabbia diviene invalidante e squilibrata è importante rivolgersi a un* specialista, che può aiutarci a capire come maneggiarla, perché il problema non è la rabbia in sé, quanto ciò che decidiamo di farci.
Ma è “solo” rabbia?
Esprimere e dar voce alla propria rabbia è essenziale per legittimare ciò che sentiamo e pensiamo, ma è anche molto di più: significa, con fatica, scavarsi dentro, trovare dolori, insicurezze, traumi, paure, ingiustizie, significa dover maneggiare con cura queste ferite per validarle, dar loro un significato e curarle.
Io questa fatica la vedo ogni giorno -da quando l* conosco- negli occhi e nella voce di A., che con pazienza e non senza difficoltà, mi racconta come lavora sulla propria rabbia, per imparare a darle il giusto spazio, non soffocarla e per apprendere come accoglierla e ascoltarla. Vi consegno le sue parole, vi chiedo di averne cura, perché ci insegnano che la rabbia spesso può essere il campanello d’allarme di molto altro, basta imparare a prestarci attenzione.
“Una cosa che mi disse lo psicologo e che mi rimase in testa, quasi mi sorprese, è che tutta quella rabbia che sento dentro viene semplicemente dal dolore. È proprio una reazione a tutto quel dolore che mi porto dentro e che si è accumulato col tempo. Ricordo che alle prime sedute lui paragonò questa mia rabbia ad un “gargoyle” (creatura mostruosa e demoniaca) pronto ad uscire.
Nei momenti di maggiore rabbia la sensazione che sento è un forte calore al petto ma allo stesso tempo un macigno che mi porterebbe a distruggere o lanciare qualsiasi cosa io abbia intorno. Spesso si pensa che sul momento colpire o distruggere cose possa essere utile per scaricare quella sensazione di rabbia che si diffonde per tutto il corpo, ma col tempo ho capito che non serve a nulla, certo può aiutare per qualche istante ma non risolve il problema.
In terapia un metodo utilizzato dal mio psicologo che mi aiuta abbastanza è la tecnica del “rebirthing”, un metodo che insegna ad utilizzare il respiro per risolvere diverse problematiche come ansia, depressione, insonnia e, nel mio caso, la rabbia. Può sembrare un metodo banale, alla fine si parla di semplice respirazione, atto vitale che facciamo ogni istante, ma anche il meno consapevole dell’essere umano.
Il rebirthing consiste in una respirazione “circolare”, si va a togliere la pausa che c’è tra il momento di inspirazione e quello di espirazione. Si effettuano quindi profonde inspirazioni, seguite da espirazioni più lente. Questa tecnica oltre a favorire una maggiore ossigenazione delle cellule e una diminuzione delle tensioni muscolari, permette di far emergere emozioni e pensieri repressi che possono essere poi affrontati”.
Se vi sentite sopraffatt* dalla vostra rabbia o da altre emozioni, potete chiedere aiuto ad un* specialista, che è l’atto più coraggioso, ma anche il più amorevole che potete fare nei vostri confronti. Non vi giudicate se state imparando a conoscere le vostre emozioni e non sapete ancora come relazionarvi ad esse: conoscersi ed accogliersi è complesso e meraviglioso, ma richiede tanta fatica.
Vi lascio con la parola che pronuncia il mio attuale psicoterapeuta ad ogni fine seduta: “coraggio”. Vi auguro di avere il coraggio di guardarvi dentro, accogliervi e ospitare quel fuoco di rabbia che accenderà in voi la strada dei vostri bisogni.
Un abbraccio.
Giulia, Complimenti e grazie! Il tuo articolo fa riflettere molto ed è di grande aiuto.