Parlare di prevenzione del suicidio in adolescenza è da considerarsi oggi una grande priorità. I dati statistici pubblicati nel Settembre 2022 dall’Istituto Superiore di Sanità parlano chiaro: in Italia si registrano ogni anno circa 4000 morti per suicidio.
Essendo il suicidio un evento estremamente raro nell’infanzia, i tassi vengono calcolati prendendo come riferimento la popolazione di 15 anni e più. Secondo i dati ISTAT della “Indagine sulle cause di morte”, nel 2016 (ultimo anno per il quale i dati sono attualmente disponibili) nel nostro Paese si sono tolte la vita 3780 persone.
D’ulteriore allarme è che tale fenomeno si stia largamente diffondendo nella fascia d’età giovanile: «Dall’inizio della pandemia abbiamo registrato ben +40% di accessi al nostro Pronto soccorso di giovani e giovanissimi. Ma ciò che forse è più rilevante è che questa percentuale non accenna a diminuire, anzi aumenta, e che ben il 70% deriva da tentativi di suicidio o autolesionismo. Sono 387 quelli dell’ultimo anno. Un quadro impressionante anche per noi addetti ai lavori, che conferma come il Covid sia stato solo la spia o il detonatore di un disagio dei nostri ragazzi».
Tali sono le parole di Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza dell’ospedale pediatrico Irccs Bambino Gesù e ordinario all’Università Cattolica, che si affida a numeri e percentuali per tratteggiare il quadro di un’infanzia e di un’adolescenza sempre più fragili.
La neuropsichiatria infantile: i dati che fanno paura
Chiariamo i dubbi, innanzitutto: chi è il neuropsichiatra infantile? Si tratta di un medico specializzato che si occupa di problematiche psichiatriche e neurologiche nell’infanzia e nell’adolescenza.
La neuropsichiatria infantile è, dunque, quella branca della medicina che si occupa dei disturbi emozionali, cognitivi e comportamentali degli individui in fase di sviluppo, ovvero dei bambini e dei ragazzi in età fra 0 e 18 anni.
Oggetto di studio, prevenzione, cura e riabilitazione per la neuropsichiatria infantile sono:
- affaticamento emotivo → mancanza di entusiasmo e di reazione a determinati stimoli
- anomalie comportamentali → disturbi del comportamento alimentare o del sonno
- disturbi psicologici → stati d’ansia, depressione, mancanza di autostima, tendenza all’isolamento, disturbi psicotici
- disturbi neurologici → ritardi nello sviluppo motorio, del linguaggio, della maturazione cognitiva e della capacità di apprendimento; ma anche disturbi neuro-muscolari, epilessia, cefalea persistente, paralisi cerebrale infantile, patologie rare e di difficile diagnosi.
Solo nel 2022 le consulenze neuropsichiatriche effettuate nel pronto soccorso dell’ospedale pediatrico Irccs Bambino Gesù, bacino di riferimento per il Centro e per gran parte del Sud Italia e non solo, sono state 1.580, un exploit rispetto alle 155 del 2011. Tradotto: ogni giorno almeno 4 tra bambini e ragazzi accedono in emergenza per problematiche mentali.
Gli effetti della pandemia
La Fondazione Veronesi ha dichiarato che le richieste d’aiuto sono cresciute del 55% rispetto al 2020 e sono quasi quadruplicate rispetto al 2019, prima della pandemia. A preoccupare particolarmente il dato relativo alla fascia dell’adolescenza: il 28% delle richieste d’aiuto, arrivate alla linea telefonica o nella chat di WhatsApp di Telefono Amico Italia è di under 26.
Il 2022 non sembra portare miglioramenti: nel primo semestre dell’anno le richieste d’aiuto sono state più di 2.700 e il 28% sono giovani fino a 25 anni. I dati dell’organizzazione di volontariato, diffusi in occasione della Giornata internazionale per la prevenzione del suicidio, riportano alla luce un fenomeno spesso trascurato, responsabile nel mondo di circa 800.000 morti all’anno, una ogni 40 secondi.
Quali sono i segnali da non sottovalutare?
Si tratta di un fenomeno estremamente complesso, ma la prevenzione è tanto importante quanto l’intervento: è possibile, infatti, cogliere dei segnali importanti e apparentemente invisibili per poter prestare supporto ai giovani che vivono nel quotidiano pesanti condizioni di disagio.
«Si dovrebbe fare attenzione se il soggetto non riesce a seguire le attività scolastiche – spiega Maurizio Pompili, Professore Ordinario di Psichiatria presso Sapienza Università di Roma e Direttore della UOC di Psichiatria presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea di Roma -, se non si applica negli sport, è ritirato dagli amici, dagli affetti, ha problematiche somatiche non ben identificabili, fa uso di sostanze in maniera importante».
Continua Pompili: «Bisognerebbe, inoltre, cercare di avere l’aiuto peer to peer, dei compagni. È importante istruire i giovani a riconoscere tra i loro pari la persona che ha bisogno d’aiuto. Bisognerebbe fare anche attenzione alle verbalizzazioni: frasi come “a che serve vivere”, “non ce la faccio più”; all’alterazione delle abitudini, ad esempio quelle del sonno (sonno disturbato, insonnia o ipersonnia); all’aumento del consumo d’alcool.
Infine, bisogna prestare attenzione ai cambiamenti d’umore: se un soggetto precedentemente angosciato appare improvvisamente risollevato, come se avesse risolto i suoi problemi dall’oggi al domani, potrebbe aver preso la decisione di suicidarsi. Ha capito come risolvere il suo problema nel modo più estremo».
Come si può intervenire?
Una volta colti questi segnali, per un amico, un docente o un familiare potrebbe essere molto complesso capire come intervenire. È sbagliato ritenere che parlare dell’argomento con qualcuno animato da intenzioni suicide lo porti poi a togliersi davvero la vita. Diverse persone sopravvissute a tentativi di suicidio riferiscono che mancava loro qualcuno che «semplicemente le stesse ad ascoltare».
Prestare ascolto non è, tuttavia, così semplice. Può essere utile approcciare la persona che ha bisogno di sfogarsi con l’atteggiamento di chi desidera capire cosa pensa, astenendosi, per quanto possibile, dal formulare giudizi. È importante sapere che difficilmente si riuscirà a risolvere i problemi di chi ci sta di fronte e che non si è tenuti a farlo, ma già solo il fatto di essere compresa e ascoltata dà sollievo alla persona in difficoltà. I pensieri legati al suicidio vanno accolti con la massima cautela possibile.
Alcuni consigli importanti
Ne abbiamo già discusso in un altro articolo, ma riparliamone. Ecco alunni consigli per poter affrontare meglio una situazione di questo tipo ricorda di:
- non giudicare mai i pensieri dell’altro e non sminuirli
- prenditi e concedi tutto il tempo che vi serve per poter dialogare. Se in un determinato momento non puoi, fai sapere al tuo interlocutore che ci potrai essere in un altro momento: dagli un altro appuntamento e dedicati al suo ascolto
- mentre lo ascolti concentrati sulle sue parole, non esclusivamente di trovare una soluzione. Ciò che è successo al tuo interlocutore può sembrare di poca importanza rispetto alla sua decisione di farla finita, ma è quello che sente che lo porta a volere morire e dunque ha un valore.
- se riuscirai ad entrare in empatia con il suo sentito, vedrai che riuscirà ad aprirsi, perché non si sentirà giudicato, né sentirà che stai sminuendo ciò che prova
- solo quando si sarà finalmente confidato, allora potrete provare a trovare insieme una strada da percorrere, coinvolgendo un operatore della salute mentale: non dimenticare di coinvolgere professionisti qualificati in quale ambito, perché sono i soli ad avere i mezzi professionali per poter intervenire adeguatamente.
Il ruolo attivo e prioritario della scuola
Parlare di salute mentale in ambito scolastico e accademico deve necessariamente diventare un priorità assoluta: è essenziale assicurare il benessere e l’equilibrio non solo degli insegnanti e del personale scolastico – per i quali il posto di lavoro potrebbe risultare rifiutante, aggressivo e talvolta violento -, ma anche per gli studenti.
Va infatti ricordato che gli adolescenti vivono la scuola come seconda realtà sociale alternativa alla famiglia: diventa come una “seconda casa” e, se tale ambiente non risulta gratificante, la condizione di malessere sviluppata in contesto extra-scolastico non può che peggiorare. Una buona autostima protegge i bambini e gli adolescenti dal disagio mentale e lo sconforto, permettendo loro di affrontare adeguatamente le situazioni difficili della vita.
Al fine di favorire l’autostima nei bambini e negli adolescenti possono essere utilizzate una varietà di tecniche. Vivendo un’intensa e complessa fase di sviluppo, tra i giovani dovrebbero essere accentuate le esperienze positive di vita che permettano di plasmare una migliore struttura identitaria, di ritrovare validi punti di riferimento e di comprendere che l’errore non è sinonimo di fallimento. Inoltre, le esperienze positive passate alimentano la fiducia dei giovani in un futuro migliore.
In una società giudicante, gli adolescenti vivono in un clima estremamente performante: è importante non dare valore esclusivamente alla qualità, ma anche e soprattutto al processo educativo. Ad oggi, le pressioni prestazionali sono decisamente maggiorate: è importante comprenderlo e accettarlo. I tempi odierni, infatti, non sono assolutamente paragonabili a quelli delle scorse generazioni: si tende tanto a preoccuparsi di fare e produrre, piuttosto che semplicemente di essere.
Nel prossimo articolo parleremo di come poter intervenire nello specifico tanto nell’ambito familiare, quanto nell’ambito scolastico e accademico.
Mi chiamo Serena (di nome sicuramente, ma non sempre di fatto) e amo scrivere, dipingere e prendermi cura dei fiori e dei miei piccoli cagnolini. Per me ogni voce ha un valore e merita di essere ascoltata: è da questo pensiero che ho creato e sto portando avanti con entusiasmo e passione la nostra APS UNIVOX ETS.