Prevenzione sul suicidio: 5 passi per aiutare chi sta soffrendo
Prevenzione sul suicidio: 5 passi per aiutare chi sta soffrendo

Prevenzione sul suicidio: 5 passi per aiutare chi sta soffrendo

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Il 10 Settembre 2023 ricorre la giornata mondiale per la prevenzione del suicidio ed inaugura una ventata vitale di promozione sulla salute mentale e sul benessere psico-fisico. Discutere oggi di queste tematiche significa comprendere il valore del dibattito, anche relativamente a tabù sociali, e dare spazio a tutto quell’universo considerato secondario, ma che in realtà risulta di una priorità non indifferente.

suicidio

Si tratta di argomenti che inevitabilmente possono urtare la sensibilità delle persone, ma che permettono di rendere un’idea più reale e concreta del mondo in cui viviamo. La diffusione delle ultime statistiche e, di conseguenza, di proposte e piani d’azione realizzano un primo grande passo verso l’accettazione della diversità e la tolleranza delle condizioni di malessere.

Diamo una definizione

Per suicidio si intende quella morte causata da un atto intenzionale di autolesionismo ideato per essere letale. Il comportamento suicidario comprende quanto segue:

  • Il suicidio compiuto: un atto intenzionale di autolesionismo che ha portato al decesso.
  • Il tentato suicidio: un atto di autolesionismo che voleva portare al decesso, ma non l’ha fatto. Un tentato suicidio può o meno comportare lesioni.
  • L’ideazione suicida: pensieri, pianificazione e atti preparatori relativi al suicidio.

World Suicide Prevention Day: un primo passo verso la normalizzazione

Il numero degli eventi suicidari nel mondo, soprattutto negli ultimi tempi, è aumentato drasticamente: in media, ogni 40 secondi una persona si toglie la vita. Per far fronte a questo problema e per dare una risposta a un numero di suicidi in continuo aumento, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo in seguito alla crisi, fu istituito World Suicide Prevention Day nel 2003 dall’Associazione Internazionale per la Prevenzione del Suicidio, in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

Gli obiettivi sono ridurre il pregiudizio e sensibilizzare tale tematica tra le organizzazioni, i governi e il pubblico, lanciando un messaggio unico che il numero suicidi può essere ridotto con un impegno di promozione costante e diligente.

Fenomeno in preoccupante aumento

In occasione della giornata mondiale del 10 settembre gli esperti di SINPIASocietà Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, evidenziano che atti di autolesionismo come tagli, ferite, bruciature di sigarette sul corpo sono sempre più comuni tra gli adolescenti di oggi, in ragazzi di 13-17 anni e talvolta anche più piccoli.

Nel periodo post Covid, infatti, sono aumentati i comportamenti autolesivi, ma anche quelli suicidari. Ha spiegato la professoressa Elisa Fazzi, presidente SINPIA e Direttore della U.O. Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza Asst Spedali Civili e Università di Brescia: “Comprendere le cause di questo fenomeno risulta complesso: i comportamenti autolesivi nel loro insieme vedono concorrere nella loro manifestazione aspetti legati alla predisposizione individuale cui si associano importanti componenti legate al contesto e all’ambiente familiare e sociale”. Le patologie psichiatriche più correlate ad atti autolesivi e ideazioni e atti suicidari sono, in particolare, i disturbi dell’umore, depressione in testa, e quelli legati all’ansia.

Università e la performance: la “morte per l’università”

In Italia, purtroppo, si assiste ad una connessione sempre più intensa e cristallizzata tra performance formativa e atti suicidari: secondo una ricerca (Porru, Robroek, Bultmann e Portoghese), su un campione di 4.760 studenti universitari italiani, il 5% degli intervistati ha sperimentato un disagio psicologico mentre il 21,3%, 21,1% e 36,1% ha confessato rispettivamente un disagio psicologico lieve, moderato e grave.

Dunque, uno studente universitario su tre manifesta problematiche importanti con il proprio percorso di studi a causa dell’altissima pressione percepita e del bisogno di dimostrare un ottimale andamento formativo, con pieni voti e riconoscimenti da parte di docenti e familiari, ma soprattutto per il bisogno quasi necessario di terminare il percorso di studi in tempo, evitando l’etichetta del “fuoricorso”.

5 consigli da prendere in considerazione per offrire aiuto a chi sta soffrendo

Comprendere un malessere psico-fisico può non essere sempre un’operazione semplice e immediata, ma evitando il pregiudizio e con una mente aperta è possibile affrontare ogni discorso. Partiamo dal presupposto che parlarne fa bene, perché il silenzio e il non detto causa pressione e frustrazione. Ecco qualche consiglio utile per cercare di essere di supporto a chi sta soffrendo, ma soprattutto per comprendere se vi sono pensieri suicidari reconditi.

  1. Invece di commentare, chiedi “come stai?”: fare commenti come “ma stai sempre giù di morale”, “sei dimagrito molto”, “non ti stai impegnando abbastanza”, “puoi fare di più” o “hai presto molto peso” possono sembrare delle affermazioni con l’intento stimolante, come per colpire il perno del problema e aprirne un dibattito, ma in realtà possono causare molti trigger. Chiedere “come stai?”, invece, permette di focalizzarsi non sul cambiamento, ma sul motivo dello stesso.
  2. Proporre l’intervento di uno specialista: i tabù sui percorsi psicologici e psichiatrici sono tanti, ma con una conversazione lineare e senza giudizio si può fare tanto. A differenza di un amico o di un familiare, l’esperto in salute mentale ha gli strumenti per poter aiutare una persona in difficoltà e il suo supporto non è paragonabile a nessun altro. Una nostra volontaria ha raccontato la sua esperienza in questo video: la psicoterapia le ha davvero salvato la vita.
  3. Chiedere chiaramente se ci sono mai stati pensieri suicidari: la risposta potrebbe fare male, ma serve per comprendere la gravità del malessere in cui la persona al momento si trova. É importante chiarire prima di ricevere la risposta che la si ascolterà in un clima di non giudizio e che, quindi, ci possa essere libertà nel confronto.
  4. Proporre una serie di attività stimolanti da svolgere insieme: scrivere una lista di motivi per cui si è felici o di attività che si avrebbe intenzione di fare almeno una volta nella vita può aiutare la persona a ritrovare una piccola scintilla di speranza. Farlo in compagnia può risultare maggiormente piacevole ed entusiasmante.
  5. Trovare dei momenti di ascolto: una persona che non sta bene a livello mentale tende a chiudersi in se stessa e a non volere contatti con altre persone. Si raccomanda di non forzare contro le sue volontà e, piuttosto, di passare quanto più tempo possibile con lui/lei, ritagliando del tempo anche all’elaborazione dei propri pensieri, che può svolgersi sia in modalità verbale che non verbale (un disegno, l’ascolto di una canzone etc).

Questi sono solo dei piccoli consigli che, però, siamo certi possa fare una grande differenza. Non arretratevi a queste difficoltà, non allontanate una persona che sta soffrendo e che sapete possa essere in pericolo: un vostro gesto può salvare una vita.

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