Al momento della partenza dopo il periodo estivo, mi chiedo come mai lasciare casa sia sempre così complesso. Ormai sono anni che mi muovo tra il paesino che mi ha visto nascere e crescere e la città che ho scelto quattro anni fa per ricostruirmi. Dunque, al tramonto di ogni estate, sono sempre travolta da un turbinio di emozioni, spesso contrastanti fra loro, che generalmente costellano l’intero mese di settembre per poi attenuarsi lentamente nel cuore dell’autunno. Settembre è sempre stato un mese complesso, denso, un periodo di “transizione”, di aspettative, ma anche di abbracci ritrovati, di speranze, di piogge e, inevitabilmente, di casa.
Lasciare casa: sollievo o sconforto?
Parlare delle sensazioni del vivere lontano dalla propria casa natale, è un argomento che tocca molt* e le emozioni che ne derivano sono molto personali e varie. Per esempio, per me, la ripartenza non è mai facile, perché ho sempre il cuore diviso a metà tra Roma e il mio paesino.
Roma è la città che mi ha cambiata, mi ha stravolto la vita, mi ha permesso di costruire la mia persona, è stata salvifica, ma ha dato anche tante batoste e insegnamenti. Roma è bella anche per questo, amo definirla “curativa e maestra”. Invece, la mia regione è il luogo che mi ha vista nascere e crescere, dove ho tra gli affetti più cari, ed è la stessa che ogni volta, dopo tanta lontananza, mi rincuora come a dire “sono sempre qua, ti aspetto”.
Col tempo mi sono accorta che il viaggio in treno per tornare alla mia casa natale è veloce, leggero, accogliente, mentre il ritorno nella casa di Roma è più complesso, anche a distanza di anni, ma allo stesso tempo necessario, perché Roma è comunque casa. È quella lontano dalla mia famiglia, dai miei affetti, dalle mie sicurezze e me la sono costruita pian piano tra pianti, crescite, risate, km percorsi, persone meravigliose che ho incontrato: da un po’ ho imparato finalmente a sentirla casa.
Per me lasciare la casa natale è paradossalmente e inspiegabilmente, anche dopo anni, un sollievo e uno sconforto allo stesso tempo: è sollievo perché percorro il sentiero verso la vita che mi sto costruendo e questo mi regala una leggerezza e una gratitudine immense, allo stesso modo è sconforto, perché fa capolino la paura di non vivermi appieno i miei genitori, i miei affetti più cari, i miei amici, i tramonti meravigliosi nel mio giardino, gli infiniti pranzi domenicali in famiglia, gli abbracci, i piatti preparati con tutto l’amore del mondo da mamma, i panni piegati e profumati al mio rientro.
È una complessità che non mi lascia mai, ma in realtà ho imparato ad apprezzarla perché so che in qualche modo mi arricchisce.
Quindi lasciare casa è un’esperienza estremamente soggettiva, che può suscitare un ampio spettro di emozioni. Non esiste una risposta univoca alla mia domanda, ma esiste la propria risposta, che è sempre giusta proprio perché riguarda il proprio vissuto personale, le proprie esperienze e la propria persona. Ci sono determinati aspetti (quali età, motivazione, legami affettivi, circostanze ecc) che influenzano profondamente l’esperienza, pertanto ognun* può sperimentare sollievo, sconforto o entrambi, a seconda delle circostante individuali, senza dimenticare che, in tutto questo, c’è sempre l’opportunità di scoprire nuove parti di sé.
Vivere lontano da casa: pro e contro
Mi fa sempre sorridere quando, talvolta, parlando con mia mamma, le dico “Non qui, ma a casa mia, a Roma” e lei affettuosamente ribatte “Ma no, è questa qua casa tua!”. Cambiare casa, vivere fuori dalla propria regione, non è semplice, anche se la mia è stata una scelta consapevole, desiderata e supportata dalla mia famiglia.
Le motivazioni che ci portano ad allontanarci – più o meno volontariamente – da casa sono svariate, alcune riguardano speranza, fiducia, voglia di realizzazione, altre invece afferiscono alle necessità, all’urgenza, all’obbligo, perché non c’è alternativa. Dunque questa esperienza presenta sia degli aspetti positivi, sia altri un po’ spiacevoli, ma sono convinta che entrambi ci aiutino – con tutte le difficoltà del caso – a crescere.
Riflettendo su quali potessero essere gli aspetti piò o meno piacevoli dell’avventura lontano da casa, ho fatto riferimento alla mia esperienza, considerando però che ogni storia, ogni vissuto sono diversi e ciascuno speciale a proprio modo, perciò potreste non ritrovarvi in ciò è riportato in questo articolo.
Tra gli aspetti piacevoli e gratificanti potrebbero esserci:
- Avere la propria autonomia, impostare i propri orari, seguire le proprie routines;
- Fare nuove esperienze, conoscere nuove persone e vedere nuove parti di mondo;
- Sentire la libertà di essere chi vogliamo, soprattutto se da una piccola provincia ci si trasferisce in una grande città, che, inevitabilmente, offre più opportunità lavorative e non solo;
- Imparare la gestione delle varie attività quotidiane;
- Responsabilizzarsi e accrescere la propria indipendenza, favorendo la propria crescita personale;
- Sperimentare sensazioni quali orgoglio e soddisfazione per riuscire a cavarsela da soli nelle diverse situazioni.
Al contrario, le difficoltà che una persona potrebbe incontrare potrebbero essere:
- La gestione della propria stanza o dell’intero alloggio con annesse delle faccende domestiche;
- La gestione delle finanze, con bollette da pagare ed imprevisti vari;
- La lontananza dai propri affetti e il senso di solitudine e nostalgia: essere distanti da casa può essere complesso anche da un punto di vista psicologico, infatti inizialmente possono venire a mancare fisicamente dei punti di riferimento importanti; inoltre la lontananza ci impedisce di prendere parte ad eventi importanti e momenti preziosi di amici e familiari.
- La difficoltà a creare nuovi legami: costruire nuove amicizie e relazioni in un ambiente del tutto nuovo può richiedere tempo ed impegno; inoltre la mancanza iniziale di un sistema di supporto può farci sentire più vulnerabili.
Al contempo però, il cambiamento e la lontananza dalla propria casa, sono occasioni che, per quanto complesse, possono aiutarci ad osservare la realtà da un’altra prospettiva, con la consapevolezza che le persone che ci vogliono bene, continueranno a farlo a qualsiasi latitudine, e che le esperienze arricchiscono continuamente il nostro bagaglio e la nostra persona. Inoltre sentirsi spaesati in alcuni momenti è del tutto normale, è importante ricordare che è necessario del tempo per adattarsi a una nuova fase di vita e che in caso di bisogno possiamo sempre chiedere aiuto a un amico, a un familiare o a un professionista.
Sentirsi a casa
La lingua inglese possiede due espressioni diverse per definire “casa”. Infatti esiste “house”, che indica la struttura abitativa in maniera generica, e poi c’è “home”, che invece intende la casa come luogo sicuro, luogo di affetti cari.
Anche se in italiano questa specifica differenza non esiste, mi piace pensare a due espressioni altrettanto valide: “essere a casa” e “sentirsi a casa”. Seppur simili, hanno due significati profondamente diversi. A volte si è a casa, senza sentirci veramente lì: vi è mai capitato?
Ho chiesto ad alcune persone a me care, quali fossero gli aspetti che le facessero “sentire a casa”, indipendentemente dal luogo fisico in cui si trovassero. E chiedo anche a voi lettori, di provare a pensare a chi o a che cosa vi fa sentire a casa.
Mi sento a casa quando…
- ..ho intorno a me persone che mi conoscono così bene che non c’è bisogno che io parli;
- ..ho vicino a me persone care ed amici stretti;
- ..vedo all’orizzonte dei monti o quando sento l’odore della campagna, degli orti, del verde in generale;
- ..sono con persone dalle quali mi sento accolta e compresa;
- ..sono al mare, quando non ci sono voci e parla solo lui; o ancora quando mi avvolgono i suoni gentili del bosco, il fruscio delle foglie e lo scorrere dell’acqua, quando guardo il cielo, limpido o nuvoloso che sia;
- ..trovo il mio cagnolone ad accogliermi o il profumo del ciambellone;
- ..entro e trovo il caminetto acceso;
- ..non ho bisogno di essere nient’altro se non quella che sono.
Costruire la propria casa e abitarsi
Quando mi sono trasferita a Roma pensavo di lasciarmi alle spalle una realtà che non sentivo più “casa”, sperando finalmente di trovare il mio posto. Spoiler: non è andata proprio così. Ci sono stati momenti in cui non mi sentivo mai a casa ed ero persa, perché ovunque andassi non sentivo nessun posto casa mia. Poi però è arrivata la terapia e ho iniziato a fare pace con me stessa, perché ho capito che solo quando avrò imparato ad accettare ogni mio lato ed abitarmi, sarò davvero a casa.
Tutto bello, tutto fantastico, belle parole direte voi, ma come si fa davvero a sentirsi a casa? Non c’è una ricetta magica, ognuno sente casa in modo diverso, perché ognuno è speciale a modo suo. Sicuramente può essere utile personalizzare il proprio spazio, coltivare interessi, frequentare ambienti, conoscere persone e sperimentare nuove attività: solo così capirete dove state veramente bene. Infine provate a soffermarvi, quando siete a vostro agio nel luogo in cui vi trovate, sulle emozioni che vi attraversano; praticate la gratitudine, immergetevi pienamente nel momento presente, respirate. Come vi sentite? Chi e cosa c’è intorno a voi?
Quando arrivai nella mia stanzetta a Roma, percepivo l’impellente necessità di rendere quello spazio mio: volevo che mi raccontasse, che parlasse di me, che mi facesse stare bene e sentire a casa, così iniziai a decorarlo con disegni, quadri, lucine, piante, candele, bigliettini e chi più ne ha più ne metta. Insomma, penso che possa esservi davvero utile ascoltarvi nel profondo e vivervi appieno gli spazi in cui abitate, farli vostri, solo così la vostra essenza potrà renderli Casa.
E a voi è capitato di sentirvi a casa anche quando eravate altrove o, al contrario, di sentirvi estranei in casa vostra? L’augurio che vi faccio – e che mi faccio- è quello di imparare ad essere casa, per voi e per gli altri, imparando ad abitarvi, rendendo la mente e il cuore dei luoghi accoglienti. E poi vi auguro tanti, tantissimi abbracci in questa vita in cui possiate sentirvi a casa perché, se c’è una cosa che ho capito col tempo, è che per me, casa, saranno sempre le persone.