“Se vuoi puoi, tutto il resto è una scusa”, “Ci vuole forza di volontà”, “Volere è potere”: quante volte avete sentito o vi sono state rivolte queste frasi? Se la vostra risposta è «mai», mi sento di dirvi che siete veramente fortunatə, perché prima o poi questa retorica colpisce un po’ tutti. Nulla da togliere alla forza di volontà o alla determinazione che ciascuno investe in ciò che fa, sia chiaro, ma è necessario capire che cosa si cela sotto a questa affermazione e perché può essere destabilizzante e tossica.
Il mito del “se vuoi puoi”
La retorica del “se vuoi puoi” è da sempre una delle più diffuse perché si pensa possa aiutare a incentivare l’energia e la motivazione di una persona che sta affrontando situazioni complesse e che sembrano insormontabili. Penso ad un genitore o ad un amico che, pur di incoraggiare unə familiare o unə conoscente, affermano che questə abbiano tutti i requisiti necessari per superare un certo ostacolo. Si, è vero, le persone possono avere tutti quei requisiti, ma non sempre sono sufficienti perché spesso la situazione richiede anche altro che non è sotto il loro diretto controllo.
Mi spiego meglio: basti pensare ad unə ragazzə che ha il desiderio di studiare, ma non ne ha le possibilità economiche; oppure ad una persona con disabilità che non può fare determinate attività perché non ci sono le agevolazioni che le spetterebbero o le strutture adeguatamente attrezzate.
Questi sono solo alcuni di altri mille esempi che potremmo fare, che evidenziano come la retorica del “se vuoi puoi” è fallace perché nonostante i cambiamenti che si stanno attuando nella nostra società al fine di poter dare a tuttə le stesse possibilità, le diverse condizioni di partenza (sociali, economiche, culturali, fisiche etc) incidono in maniera cruciale.
Il concetto di privilegio
Parlando di retorica del “se vuoi puoi”, inevitabilmente si accenna al concetto di privilegio. Cosa intendiamo con privilegio? Treccani suggerisce “Atto sovrano o legge che attribuisce a un soggetto o a una categoria di soggetti una posizione più favorevole di quella della generalità degli altri soggetti”.
Con il termine privilegio, dunque, si indicano un diritto, una facoltà, un vantaggio di cui una persona gode, ottenuti non sulla base del merito, ma per appartenenza a un gruppo o a una classe che risultano favoriti. Il possesso di determinati privilegi dipende da diversi fattori quali l’età, l’etnia, il genere, l’orientamento sessuale, la religione etc. e per poter parlare di privilegi è necessario osservare la struttura e il funzionamento della nostra società, per individuare quelle categorie che il sistema favorisce.
Questa riflessione non ha assolutamente lo scopo di colpevolizzare o colpevolizzarsi – in quanto ciascunə di noi è in qualche misura privilegiatə -, piuttosto è necessaria una presa di coscienza della nostra personale situazione, al fine di creare un dialogo per mettere in discussione e migliorare il sistema nel suo complesso, affinché offra le stesse possibilità a tuttə.
E noi di Univox, partecipando con un workshop all’Estate Rover 2023 organizzata dal CNGEI, abbiamo avuto l’opportunità di proporre ai ragazzi scout un’attività per riflettere sul concetto di privilegio, perché crediamo fortemente nella sensibilizzazione su determinate tematiche a partire dai più giovani.
Se vuoi puoi: aspettative e delusioni
La retorica del “se vuoi puoi” è un incoraggiamento sotto mentite spoglie. Perché tutto questo accanimento verso una semplice affermazione, vi chiederete. Questa “affermazione” promuove la narrazione secondo cui ciascunə può sempre farcela, contando solo ed esclusivamente sulle proprie forze. Invece credo che, soprattutto in determinate fasi della nostra vita, ci siano nei momenti in cui non abbiamo le risorse necessarie per affrontare una specifica situazione: è importante riconoscerlo e chiedere aiuto (ricordandoci che non è un atto di debolezza, come spesso si pensa, bensì di grande coraggio).
Dobbiamo smettere di alimentare la credenza secondo cui, se una persona si impegna, può raggiungere qualsiasi risultato; dobbiamo ridimensionare gli obiettivi e crearli a misura di persona e delle risorse di cui ciascunə di noi dispone, perché abbracciare l’ideale secondo cui con la forza di volontà “si può tutto” significa semplificare in maniera drastica la complessità che caratterizza le nostre esistenze.
Non facendo questo, il rischio che si corre è grandissimo: passa il messaggio secondo cui «se non ce la fai è colpa tua, perché non ti sei impegnatə abbastanza». Oltre ad essere frustrante per l’autostima, questo concetto fa credere di essere pigrə, incapacə, svogliatə, senza considerare invece la forte influenza di eventuali attori favorevoli/sfavorevoli che si incontrano nel nostro percorso di vita.
Dunque vorrei chiarire che – ovviamente – l’impegno, la forza di volontà, la motivazione, l’energia, il sacrificio sono elementi importanti che ci spingono al raggiungimento di un nostro obiettivo e che talvolta sono sufficienti, tuttavia credo che ci siano altri ingredienti che concorrono alla conquista di una meta (e che spesso non possiamo controllare). La storia dell’impegno e della forza di volontà sarebbero legittimi se e solo se la linea di partenza fosse per tuttə uguale, ma nella maggior parte dei casi non è mai così e questo alimenta ancora di più l’ansia e la preoccupazione di ciascuno nel non deludere le aspettative proprie e altrui.
E a te che stai leggendo, mi sento di dire: calma, respira, non è tutto sotto il tuo controllo e va bene così. Ricorda che ciascunə fa quello che può con gli strumenti che ha in quel momento.
Se vuoi puoi… cambiare la narrazione di te!
Anch’io sono stata – e sono ancora in parte – schiava di questa narrazione subdola del “se vuoi puoi”. È familiare quel senso di colpa che ci assale quando pensiamo di non aver fatto abbastanza e che sia esclusivamente nostra responsabilità (spoiler: non è così!).
È importante però fare attenzione alle parole che rivolgiamo a noi stessə, perciò ecco alcune riflessioni che possiamo fare quando pensiamo di non aver dato il massimo e di non aver quindi centrato l’obiettivo:
- Gli obiettivi che mi sono datə erano realistici e alla mia portata per le risorse che ho in questo momento della mia vita?
- In questa situazione quali fattori posso controllare e quali invece sono fuori dal mio controllo?
- Mi rivolgo parole adeguate? La narrazione che facciamo di noi stessi incide molto sulla nostra autostima, perciò è importante parlarsi con gentilezza. Ad esempio supponiamo che a fine giornata non siamo riuscitə a fare ciò che ci eravamo prefissatə: piuttosto che dire “non sono efficiente”, possiamo dire “oggi non mi sono sentitə efficiente, domani proverò a fare meglio, ma do valore a quello che ho fatto oggi”. Sentirsi non significa davvero essere.
- Riesco ad accettare e tollerare un eventuale fallimento? Una volta lessi la risposta ad una domanda che era stata rivolta a una psicoterapeuta. In questa domanda c’era tutto il dolore di una persona che, nonostante tentasse di fare sempre tutto giusto, si sentiva in colpa per l’eventuale errore. La risposta fu concisa e densa di significato “Ah sei umana quindi”.
Insomma credo che riflettere, decostruire, analizzare, allenare lo spirito critico sia una gran fatica soprattutto di fronte a queste “innocenti” frasi, che nascondono ben altro. Tuttavia sono fermamente convinta che, passo dopo passo, giorno dopo giorno, possiamo scardinare queste credenze per una narrazione più autentica della nostra esistenza e quella di coloro che ci di chi ci circondano, anche per legittimare le emozioni che ci guidano nel nostro percorso di vita.